Genova. Rimuovere da piazza Corvetto la statua equestre di Vittorio Emanuele II, il re dell’Italia unita. Lo stesso che, nel 1849, definì i genovesi “vile e infetta razza di canaglie” prima di ordinare la violenta repressione dei moti del 1849, episodio che sarebbe passato alla storia come il sacco di Genova. A lanciare la petizione online sulla piattaforma change.org (qui si può firmare) è Andrea Acquarone, presidente dell’associazione Che l’inse!, proprio mentre negli Stati Uniti vengono decapitati e vandalizzati i monumenti a Cristoforo Colombo.
“Quella statua rappresenta un re, un personaggio che parlava in termini razziali dei genovesi. E potrebbe rientrare nella lista di quelle che in questi giorni finiscono per terra. Buttare giù una statua è un atto creativo e rigenerativo, e quella a Genova sarebbe la prima da togliere”, spiega Acquarone. La petizione è più che altro “una provocazione, il tentativo di aprire un dibattito per vedere chi risponde. È un gesto da avanguardia estetica”.
Di certo i fatti storici non rendono onore al re sabaudo che a Genova non fu mai particolarmente amato. Rimasta aperta la ferita dell’annessione forzata al Regno di Sardegna nel 1815, nel 1849 scoppiò la rivolta capeggiata dai mazziniani. Per sedarla Vittorio Emanuele II inviò in città il generale Alfonso La Marmora con l’esercito e il corpo speciale dei Bersaglieri. Il 5 aprile la città venne bombardata e nei giorni successivi i militari piemontesi si lasciarono andare a omicidi, stupri e razzie, tutti fatti documentati da una commissione d’inchiesta aperta dal parlamento dell’epoca. A forte Begato rimase gravemente ferito Alessandro De Stefanis, uno degli animatori dell’insurrezione, che sarebbe morto entro pochi giorni.
A rendere ancora più odiose le violenze sulla popolazione genovese è il testo della lettera che il re Vittorio Emanuele scrisse al generale La Marmora (in francese): “Mio caro generale, vi ho affidato l’affare di Genova perché siete un coraggioso. Non potevate fare di meglio e meritate ogni genere di complimenti. Spero che la nostra infelice nazione aprirà finalmente gli occhi e vedrà l’abisso in cui si era gettata a testa bassa. Occorre molta fatica per trarla fuori ed è proprio suo malgrado che bisogna lavorare per il suo bene; che ella impari per una volta finalmente ad amare gli onesti che lavorano per la sua felicità e a odiare questa vile e infetta razza di canaglie di cui essa si fidava e nella quale, sacrificando ogni sentimento di fedeltà, ogni sentimento d’onore, essa poneva tutta la sua speranza“.
A chiedere la rimozione della statua, opera dello scultore Francesco Barzaghi e inaugurata nel 1886, era stato negli anni scorsi il Movimento Indipendentista Ligure che aveva ottenuto nel 2008 l’apposizione da parte del Comune di Genova di una targa in memoria di quei fatti. Ora un nuovo tentativo nel solco dell’onda antirazzista americana. “La relazione tra Black lives matter e questa statua è molto labile – ammette Acquarone – ma in questi giorni stiamo iniziando a capire che, nel momento in cui le statue iniziano a offendere qualcuno, vanno tolte”.
Quindi giusto anche eliminare i simulacri del genovese Colombo ritenuto un genocida? “Sì – afferma il promotore dell’iniziativa -. È vero che ha fatto cose belle, che rappresenta il pensiero anticonformista. Ma come si fa attenzione a non urtare le sensibilità altrui con il politicamente corretto, la stessa cosa bisogna farla con le statue. Il conservazionismo di chi sta facendo un coro tra l’indignato e il moralista, invece, maschera un conservatorismo e un complesso di inferiorità della nostra epoca rispetto alle altre”.
Il dibattito online è già aperto. C’è anche chi, come Camilla Ponzano presidente di Riprendiamoci Genova, propone di “trasfigurare” la statua anziché rimuoverla. “Mi vengono in mente gli impacchettamenti di Christo, ma anche le due giovani ballerine classiche delle ultime foto delle rivolte per George Floyd, oppure la glassatura di vernice rosa sulla statua di Indro Montanelli. Si possono immaginare migliaia di contaminazioni, da quelle surreali, a quelle violente e al limite del vandalico, a quelle ironiche, a quelle più oniriche”.