Genova. Con la riattivazione dei “vecchi” serbatoi”, il piano di emergenza esterna relativo alla Carmagnani spa è probabilmente da rifare. A suggerirlo l’avvocato Marco Grondacci, consulente di diritto ambientale ed esperto della giurisdizione legata agli impianti a rischio di incidente rilevante.
Ci fosse, è il primo commento che sorge spontaneo, visto che il Pee scaduto nel 2015 è in fase di revisione dal 2017: lo scorso ottobre fu fatta la consultazione della popolazione durante un’assemblea pubblica convocata a voce bassa (Genova24 ha raccontato su queste pagine l’episodio della mail pronta ma “mai inviata alla stampa per errore”), ma da allora più nessuna notizia.
Nel frattempo, però, da Multedo, dove l’impianto è collocato, le ultime notizie rese pubbliche dalla stampa parlano di una riattivazione di almeno tre serbatoi, dismessi dopo l’incidente del 1987, frutto di un investimento di 3 milioni di euro. Una scelta che da un lato fa tremare i polsi per la popolazione locale in attesa da decenni della delocalizzazione di questi impianti costruiti tra le case, e dall’altro ripropone prepotentemente il tema della sicurezza.
“Il rischio di incidente viene calcolato sulla quantità di materiale ‘pericoloso’ stoccato o trattato da un impianto – sottolinea Grondacci – ma anche dal potenziale effetto domino che questo può scatenare in relazione alla vicinanza ad altri impianti sotto la legislazione della Seveso III, che è esattamente il caso di Multedo, con la prossimità di Superba e Porto Petroli”.
L’ultimo Piano di emergenza esterno di Carmagnani risale al 2012, ed essendo il rinnovo di questo documento previsto dalla legge obbligatorio ogni tre anni, a luglio saranno cinque gli anni di ritardo. Una situazione decisamente inquietante per un impianto che nel frattempo progetta di diventare ancora più grande. Come il suo potenziale rischio.