Genova. Marina Porotto, presidente genovese dei giovani della Fipe, associazione di categoria Confcommercio che riunisce i pubblici esercizi, è titolare di due locali, entrambi Biggie, a pochi metri di distanza l’uno dall’altro, in piazza delle Erbe. Uno lo ha chiuso, perché la clientela, in questa fase 3, non è tale da tenere in piedi entrambe le attività. “Si chiama limitazione del danno – dice – ed è normale strategia imprenditoriale, io mi ritengo fortunata perché ho due locali, ma il settore sta vivendo un momento davvero difficile, e non parlo solo di bar e ristoranti, ma di tutto ciò che riguarda il ricettivo e il turismo”.
La fase 3, con mascherine e distanziamenti, regole e restrizioni, è scattata un mese fa. “Siamo stati praticamente i primi a chiudere e gli ultimi a ripartire – continua Marina Porotto – ma anche adesso dobbiamo fare i conti con l’assenza dei turisti e con il fatto che molte persone continuano a lavorare da casa”. Nei mesi scorsi l’associazione di categoria, a livello nazionale, aveva lanciato previsioni drammatiche: un’impresa su 3 difficilmente sarebbe sopravvissuta a questo 2020. E per scongiurare che questo si avveri servono più aiuti economici e tutele.
“Dateci la possibilità di lavorare e noi ci rimetteremo in piedi – continua la presidente genovese dei Giovani Fipe – ma al momento bar e ristoranti genovesi accusano moltissimo una flessione generale nelle colazioni e pranzi, non solo in centro ma anche nelle delegazioni, e l’unico momento della giornata che “tiene”, la sera, è comunque penalizzato dal fatto di lavorare al 50% della capienza”.
Dehors e asporto non bastano. “Bisogna che tornino le persone – continua la commerciante – la speranza è che con l’azzeramento dei contagi ci sia un ritorno dell’abitudine a uscire e a consumare cibo e bevande fuori casa, oltre a un ritorno dei turisti, che al momento, con la situazione drammatica che abbiamo di collegamenti e autostrade, mi sembra molto difficile”.
Sì perché, è vero che nelle vie del centro si tornano a vedere le folle ma è vero anche che all’appello mancano del tutto i croceristi e quasi del tutto gli stranieri. Per non parlare di liberi professionisti, impiegati e studenti universitari che non fanno più le file per un panino, un piatto veloce, un gelato o un pranzo di lavoro.
“E’ un peccato – conclude Marina Porotto – perché la città stava davvero vivendo un periodo di rilancio, una crescita che noi esercenti stavamo percependo, e invece è capitato quello che sappiamo, speriamo che le cose cambino in meglio, siamo speranzosi, non possiamo fare altro”.