Intervista

Preghiere “impossibili”, ramadan in lockdown e meditazioni su zoom, l’islam genovese alla prova della fase 2

La comunità islamica più attiva che mai nella solidarietà, impegnata nella distribuzione di generi alimentari alle famiglie in difficoltà. L'imam: "Cerchiamo di essere uniti"

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Genova. “Il lockdown ha inglobato anche il periodo ramadan privando i fedeli della possibilità di riunirsi per le preghiere serali, dubito fortemente che sarà possibile anche celebrare īd al-fiṭr, la festa di interruzione del periodo di ramadan, uno dei momenti cruciali per la nostra religione e la nostra comunità“. A parlare è Husein Salah, l’imam di Genova e di una comunità di almeno 12 mila persone che, come altre comunità religiose, ha dovuto misurarsi con le normative imposte dai dpcm anti-Covid.

Di più: la comunità islamica aveva di fatto chiuso le 14 sale di preghiera nel capoluogo ligure – a Genova non esiste una moschea nonostante anni di discussioni – il venerdì prima del lockdown e della fase 1. “Avevamo già raccomandato di non andare alla preghiera del venerdì perché l’assembramento avrebbe potuto favorire il contagio, fu una scelta appropriata”. D’altronde la religione islamica attribuisce una grande valenza ai riti legati alla purificazione e all’igiene personale. “Il fatto di lavarsi frequentemente mani, naso, bocca fa parte della nostra cultura e questo sicuramente ci ha aiutato”, osserva l’imam.

Ma adesso, con la fase 2, e con la possibilità introdotta dal governo di tornare ad aprire i luoghi di culto per funzioni religiose si pone la questione di “come farlo”. L’imam Husein Salah spiega che “la comunità è in attesa di chiarimenti, se ne sta parlando a livello ministeriale, ma dobbiamo capire cosa potremo fare, se saranno concesse solo preghiere individuali, meditazioni o se saranno ammesse situazioni con gruppi di persone, aspetto per noi fondamentale”.

Sì perché, chi pensasse che, come avverrà nelle chiese, in fondo si tratterà soltanto di distanziare le persone all’interno delle sale o di praticare all’aperto non sa che la vicinanza fisica tra i fedeli è alla base della preghiera stessa. “Certo ci sono i momenti di preghiera individuale, le meditazioni, le lezioni ma la preghiera collettiva prevede che le persone si trovino spalla a spalla – spiega Husein Salah – in segno di unità e uguaglianza tra gli esseri umani, e questo è inutile dirlo, non si potrà fare”.

L’attività della comunità islamica non si è fermata, in queste settimane. “Anche noi ci siamo incontrati alla sera su zoom o su altre piattaforme – racconta l’imam – per esempio per condividere in qualche modo il momento dell’iftar, l’unico pasto consentito durante le giornate di ramadan, e poi altri incontri e meditazioni, ma non è la stessa cosa, e poi ci sono situazioni più difficili, non tutti stanno vivendo le restrizioni della pandemia in maniera serena”.

Ed è qui che entra in gioco l’altra partita, quella della solidarietà. La comunità islamica genovese ha siglato un protocollo d’intesa con la protezione civile per raccogliere e consegnare generi di prima necessità a famiglie bisognose e studenti universitari. “Grazie a una raccolta fondi a cui chiunque ha partecipato in base alle proprie possibilità abbiamo aiutato 31 famiglie e alcuni studenti universitari che erano rimasti senza soldi, non potendo lavorare – dice Husein Salah – naturalmente non siamo stati a guardare se le famiglie fossero musulmane oppure no, erano famiglie genovesi”. Oltre che alla raccolta, la comunità ha partecipato anche alla distribuzione con 14 ragazzi volontari dalle comunità cittadine albanesi e africane.

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L’altro fronte della solidarietà riguarda il carcere di Genova. “Ogni venerdì mi recavo a Marassi per la preghiera settimanale – spiega l’imam – questo non si può più fare e so che i detenuti stanno soffrendo molto tale mancanza, abbiamo quindi deciso di acquistare un grande quantitativo di datteri, alimento simbolo in periodo di ramadan e molto indicato per sostenere le persone in caso di digiuno, su questo aspetto devo ringraziare la direzione e la polizia penitenziaria per la grande collaborazione”.

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