Genova. “Non avendo ricevuto nessuna risposta, proclamiamo uno stato di agitazione permanente, con Manifestazio-ni unitarie nelle principali piazze italiane. A Genova il presidio occuperà Piazza De Ferrari dalle ore 17 di sabato 30 Maggio”.
A parlare lavoratrici e lavoratori dello spettacolo e della cultura italiana, riuniti in un Coordinamento nazionale “di realtà, collettivi e movimenti autonomi indipendenti, che si riconoscono negli art. 4, 9 e 33 della Costituzione Italiana, nella cultura etica del lavoro, nei suoi doveri e nei suoi diritti”.
“Ma siamo anche tutte le cittadine e i cittadini che hanno fame di cultura – scrivono in un comunicato – Il maggio abbiamo inviato il Documento Emergenza alle Istituzioni, chiedendo espressamente di essere ricevuti con urgenza entro il 30 maggio, per discutere su un reddito di continuità che traghetti il comparto culturale fino alla ripresa piena dei singoli settori e ne tuteli e garantisca l’esistenza, salvaguardando i rapporti di lavoro in atto, anche attraverso in-contri politici e tecnici, quindi alla presenza di ministeri e INPS; Un tavolo di confronto tecnico-istituzionale immediato sulla riapertura, fra lavoratrici, lavoratori, sindacati, governo e istituzioni, che abbia come priorità: salute per lavoratori, lavoratrici e pubblico; protocolli di sicurezza; finanziamenti pubblici; strumenti di riforma, sia per la ripartenza in presen-za, che per una virtualità sostenibile e democratica”.
Secondo la categoria le riaperture dei teatri il 15 giugno “così come sono state concepite, non hanno alcun senso. Occuperanno un numero bassissimo di operatori cercando di coprire, con eventi spettacolari e pompati dai media, l’impossibilità di riaprire i battenti per la maggior parte delle realtà del settore”.
Ma allo stesso tempo “lasceranno senza tutela tutti gli esclusi da questi eventi e scaricheranno su ma-estranze ed organizzatori privati gli oneri e le delicate responsabilità di controllo sanitario”
Si stima che solo il 15% delle realtà potremmo ripartire e che al massimo il 20% di lavoratrici e lavoratori potrà essere occupato: “Pochi grandi eventi monopolizzeranno l’attenzione mobilitando tutte le risorse pubbliche mentre il tessuto culturale fatto di piccole e medie realtà che fa respirare arte al nostro paese morirà – concludono – Tecnici altamente specializzati resteranno senza lavoro così come attori, danzatori, registi, sceno-grafi, costumisti, truccatori, scrittori e musicisti, sacrificati sull’altare di una riapertura di facciata che serve alla politica per lavarsene le mani”.