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L’addio di Bagnasco: “A Genova ho trovato un affetto unico. Resterò qui perché questa è casa mia”

L'arcivescovo va in pensione e lascia il posto a monsignor Marco Tasca. L'emergenza coronavirus? "Situazione surreale, neanche il dopoguerra era così"

Genova. E così il giorno è arrivato: il cardinale Angelo Bagnasco ha annunciato il nome del suo successore (il padovano Marco Tasca, francescano: qui spieghiamo chi è) e ha salutato la Chiesa genovese dopo esserne stato alla guida per quasi 14 anni, gli ultimi due grazie a una proroga concessa da Papa Francesco. “Ma dove volete che vada? Resto qui, questa è casa mia“, sorride ai giornalisti in quella che probabilmente è l’ultima conferenza stampa del suo episcopato, in un clima “surreale”, come lo definisce lui stesso, fatto di mascherine e distanze obbligatorie.

Sono tanti i momenti che Bagnasco ricorda. “Penso alla grande crisi economica che abbiamo vissuto con grande dignità, le diverse alluvioni, il Ponte Morandi, una grande frattura che si sta ricomponendo rapidamente nel modo migliore che potessimo immaginare, e poi il problema del lavoro particolarmente sentito per la storia di Genova”.

Genova, città dove Bagnasco è cresciuto pur essendo nato altrove, perché i genitori erano sfollati di guerra. La giovinezza in centro storico, poi l’ingresso in seminario, fino alla cattedra di San Lorenzo e alla presidenza della Cei e dei vescovi europei, ruolo che manterrà fino alla fine del 2021. “Il rapporto della chiesa di Genova e del suo arcivescovo con la città a Genova è molto particolare, non oso dire unico perché non lo so – racconta – ma il rapporto con il mondo operaio purtroppo in Italia non è così da nessuna parte e quindi il rapporto di fiducia e di affetto con la città è la prima parola che arriverà al nuovo arcivescovo”.

Con Mario Tasca il passaggio di consegne vero e proprio avverrà col cosiddetto “possesso canonico”, da eseguire entro tre mesi, ma prima dovrà avvenire la consacrazione a vescovo. Nel frattempo Bagnasco rimarrà come amministratore canonico. “Ci siamo sentiti per telefono ripetutamente, anche lui è in trepidazione come me quando dovevo venire a Genova o Pesaro. E’ naturale, fa parte della vita. Bisogna affidarsi alla Provvidenza, e questo è il suo atteggiamento fondamentale”.

Bagnasco lascia “una Chiesa molto unita” ma anche in perenne ricerca di risorse fresche. “Se continuerà la preghiera per le vocazioni, continueremo ad avere quella goccia per goccia per far sì che non si esaurisca mai il filone del ministero sacerdotale. In questi anni ho celebrato 133 funerali di sacerdoti, carissimi confratelli e ho ordinato 25 nuovi sacerdoti. Sembra ed è una grandissima sproporzione, ma andando a ben vedere, dei parroci che sono venuti a mancare in questi anni quelli ancora in piena attività erano 24. E’ stato anche questo un segno della Provvidenza”. E quando si chiede al cardinale quale sia il momento più buio, lui risponde con un sorriso: “Genova è stata molto segnata in diversi momenti. Ma allo stesso tempo ho sempre sentito crescere la vicinanza dei nostri sacerdoti”.

E infine una battuta sull’emergenza coronavirus che ha allontanato la gente anche dalle chiese. “Ho vissuto il dopoguerra, in mezzo alle macerie della Genova vecchia. Oggi è una situazione completamente nuova anche rispetto a quei momenti. Macerie, bombardamenti, gallerie, rifugi… però la gente si poteva e voleva incontrare, così nelle chiese, nelle case e per le strade. Oggi questo è un po’ diverso. Una situazione surreale, che però si sta risolvendo, almeno lo speriamo tutti”.

Dopo gli ultimi incarichi, che andranno avanti fino all’anno prossimo, Bagnasco, che ha compiuto 77 anni a gennaio, andrà di fatto in pensione. “Occupare il tempo libero non sarà un problema – scherza – mi dedicherò alla preghiera, alla meditazione, alla lettura. Andrò alla casa del clero con altri sacerdoti e li continuerò l’ultima rampa della vita. Sapete che esiste un’ultima rampa, vero?”.

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