L'intervista

La ripartenza delle città? Un turismo sempre più d’élite e il rischio della privatizzazione degli spazi pubblici

Il sociologo Petrillo descrive il tracollo di un settore su cui alcune città hanno puntato tutto: il rilancio porterà a nuove diseguaglianze

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Genova. Quale sarà il futuro delle città post pandemia da Covid-19? Come cambierà il turismo e quali conseguenze dovremo aspettarci sugli spazi urbani? Genova24 lo ha chiesto al sociologo urbano Agostino Petrillo, genovese, docente al Politecnico di Milano, autore di diversi libri tra cui La periferia nuova. Disuguaglianza, spazi, città, (FrancoAngeli editore 2018).

Un tracollo pesantissimo per il turismo…
La questione del turismo nel nostro paese è gigantesca dato il rilievo che ha nell’economia nazionale. Una questione a dire il vero mai davvero pensata in Italia perché il turismo è sempre stato visto come alternativa nelle città che dopo i processi di deindustrializzazione non sono riuscite a mettere in campo attività produttive alternative o innovative. Così il turismo è stato visto come un grande accentratore di profitti e rendite, ma i nodi con la crisi che stiamo vivendo in questi mesi sono destinati a venire al pettine. L’ultimo rapporto dell’organizzazione mondiale del turismo, nei dati relativi a maggio, parla di miliardi di mancati ricavi un po’ in tutto il mondo, con l’eccezione dell’estremo Oriente che si è riorganizzato in fretta, e con una crisi del settore che colpirà soprattutto i paesi dell’Europa meridionale, in primis Italia, Grecia, Spagna e Portogallo. Questo significa anzitutto una ricaduta pesantissima dal punto di vista dell’occupazione laddove è più fragile perché il turismo è il settore che più occupa lavoratori stagionali e interinali, che usa il lavoro precario ma anche il lavoro nero. E’ evidente che questi lavoratori saranno i primi a pagare il prezzo della crisi.

E la ripartenza si profila lenta…
Sì anche perché il blocco del turismo non dipende solo dal fatto che adesso le frontiere sono chiuse e i voli bloccati ma anche dal fatto che la gente ha meno soldi: è diminuita fortemente la capacità di spesa. Siamo di fronte al paradosso di un turismo che deve ripartire ma senza turisti. Sempre il rapporto mondiale sul turismo dice che i grandi flussi internazionali non si riattiveranno prima di marzo 2021.

Cosa succederà?
Ci sono tentativi di riorganizzazione da parte delle grandi associazioni del turismo e dei grandi imprenditori del settore . Uno di questi riguarda proprio gli spazi pubblici. A Venezia c’è un progetto chiamato Rimbalza Italia stilato dagli operatori economici del territorio che propone un nuovo modello di turismo e che per reggere alla crisi chiede anzitutto all’amministrazione spazi più grandi e gratuiti e sovvenzioni massime.
A Venezia questo si innesta in particolare su una diatriba sul turismo che va avanti da trent’anni quella della contrapposizione tra il turismo di massa e il turismo d’elite, il primo sempre più malvisto perché non spende ma secondo gli imprenditori del settore si limiterebbe a consumare il territorio. Ora per molti questa è l’occasione di chiudere i conti con il turismo di massa e rilanciare un turismo di élite: visto che gli spazi saranno minori solo il turismo d’elite potrà pagare somme molto più alte di prima e permetterà al settore di rimanere in piedi.

Un modello che potrebbe trovare terreno fertile in altre città?
Beh a Genova il processo di privatizzazione degli spazi pubblici è cominciato da qualche decennio, è proseguito con la Giunta Doria, basti pensare alle cancellate, ai ristoranti che piano piano hanno allargato in questi anni i loro dehors. Anche a Firenze il sindaco Nardella ha proposto di cedere spazi ma anche edifici pubblici al settore del turismo. Queste proposte rendono evidente quella che è stata la follia di fondo, vale a dire credere che alcune città si potessero reggere solo sulla monocoltura del turismo, cosa che non avviene da nessuna parte al mondo, se non in alcune città italiane e la mia impressione è che saranno proprio loro a subire il processo di ristrutturazione più pesante.

Anche le grandi piattaforme come Airbnb soffrono pesantemente…
La mazzata che ha preso Airbnb è pesantissima, con una riduzione del 90% del fatturato ma il mio collega Giovanni Semi fa notare in un’intervista recente un altro aspetto: la piattaforma è stata subito ricapitalizzata perché c’è l’idea che comunque il turismo sia pure in forme nuove continuerà. Io credo che Airbnb manterrà le posizioni che aveva conquistato nelle zone di particolare pregio che continueranno ad essere frequentate dal nuovo turismo di élite e addirittura lì potrebbe incrementerà gli spazi, mentre via via verranno dismesse una serie di piccole realtà adibite ad ospitalità di un turismo povero e con meno risorse.

Anche il mercato immobiliare ne risentirà?
Non ho sfera cristallo ma è chiaro che un panorama come quello attuale potrebbe portare a possibili nuovi fenomeni di bolle immobiliari, basti pensare a Milano dove gli affitti sono cresciuti vertiginosamente negli ultimi 4-5 anni, grazie a grandi investitori, fondi sovrani e piattaforme come airbnb che ha fatto lievitare affitti. Cosa succede se poi a un certo punto non ci saranno più acquirenti e locatari? A Genova la situazione è diversa perché la tendenza di questi anni è stata sopratutto alla contrazione dei prezzi salvo per immobili di un certo pregio in determinate zone.

Cosa accadrà a Genova?
Genova si trova in una condizione anche peggiore di altre perché qui il turismo non ha mai preso davvero quota a causa della scarsa capacità di imprenditoriale del settore. Qui da noi si sta aprendo una partita molto importante sullo spazio pubblico e la proprietà pubblica perché se per rivitalizzare dovessimo assistere a ulteriore privatizzazione degli spazi pubblici, il rischio che si accertino quei processi di imbalsamazione di centro, come si dice con una parola che va di moda oggi una foodification anche a Genova.

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