Genova. In un periodo di ancora grande incertezza sulla ripresa delle scuole anche a settembre, riceviamo e pubblichiamo la lettera di una mamma genovese, Giulia Orlando, che parla alla ministra dell’Istruzione Azzolina e a Bucci e Toti della situazione del proprio figlio, un bambino di quinta elementare, ma anche di tanti altri bambini e ragazzi come lui, privati di un ricordo per sempre: quello dell’ultimo giorno di scuola.
“Mi presento, sono Giulia Orlando, mamma di Duilio, che frequenta la quinta elementare presso l’Istituto Don Bosco di Genova, Sampierdarena. Proprio quest’anno, in armonia col programma scolastico, è stata illustrata ai bambini la Costituzione e gli importanti diritti e doveri in essa contenuti. Ebbene, mio figlio, come tutti gli scolari genovesi, ha interrotto la frequenza già dal 21 febbraio e, assistendo attivamente a quanto gli accade intorno, non riesce a comprendere per quale ragione la scuola sia stata relegata ad un fanalino di coda, posposta a favore di molti altri interessi (evito volutamente di illustrarli per non incorrere in inutili polemiche, non è questa la sede).
Quello che, però, ha capito bene, è che non è possibile continuare con la didattica a distanza; lui e i sui compagni, essendo ancora piccoli, hanno la necessità (oltre che il diritto) di rapportarsi di persona con i lori insegnanti, il cui ruolo attraverso uno sterile schermo esce svilito; infatti, nonostante il lavoro veramente encomiabile che essi svolgono, non si riesce a rafforzare quell’empatia e magia che si rinnovano ogni giorno andando a scuola; inevitabile e fondamentale, in questo periodo, la sussistenza di una stretta collaborazione tra scuola e famiglie, con ripercussioni seriamente disastrose, per quegli alunni che non possono contare su tale collaborazione.
Inoltre, l’insegnamento a distanza, non tiene minimamente in considerazione la specificità delle singole Regioni; non è possibile, infatti, approntare ragionamenti univoci, tanto più che vi sono realtà, con scuole parificate dotate di ampi spazi, che tuttavia sono state costrette ad adeguarsi all’alternanza dei vari decreti ministeriali e, quindi, a chiudere i loro plessi scolastici.
Mio figlio, e credo al pari di molti altri, rivendica, quindi, il sacrosanto diritto allo studio, con la possibilità di terminare in presenza un ciclo scolastico molto importante per lui, diversamente non potrà salutare i suoi compagni, la sua maestra, con tutti i risvolti psicologici che tale scelta avrà sulla sua vita e su quella di tutti coloro che stanno per terminare un percorso di studio fondamentale (penso anche ai ragazzi della terza media).
L’istituto che frequenta mio figlio, come sicuramente noto al Presidente della Regione Liguria, Dott. Toti ed al sindaco di Genova, Dott. Bucci, ha ampi spazi, sia interni, che esterni (circostanza, peraltro, facilmente verificabile via internet: www.donboscogenova.org), e, dunque, anche sotto tale aspetto, non riesce a comprendere per quale ragione non possa avere almeno la sua ultima settimana in presenza o l’ultimo giorno di scuola.
A mio modesto parere si dovrebbe consentire, in accordo coi vari istituti scolastici, se favorevoli a tale proposta, previa adozione di tutte le misure di sicurezza idonee a salvaguardare la salute, almeno l’ultima settimana e/o l’ultimo giorno di scuola a tutti coloro che chiudono un ciclo. Le persone coinvolte, tra alunni ed insegnanti, sarebbero in numero limitato, sicuramente molto più
limitato degli assembramenti che vediamo tutti i giorni per strada, davanti ai negozi e/o supermercati.
Credo che le amministrazioni locali, uniche depositarie delle singole realtà, debbano avere a cuore, anche e soprattutto, l’interesse dei minori, posposto inopinatamente a quelli economici, che saranno la luce del nostro futuro, avendo la consapevolezza, sin d’ora, che questi mesi di scuola a distanza saranno una ferita non più rimarginabile per il loro equilibrio psicofisico, ma che potrebbe essere medicata, con la possibilità di offrirgli, ripeto l’ultima settimana di scuola e/o l’ultimo giorno, non per festeggiare, come hanno sempre fatto negli anni passati, ma solamente per vedersi non più in modo virtuale, ma con il calore della loro presenza fisica (pur a distanza di sicurezza) e con la gioia espressa dai loro occhi.
Vi ringrazio per l’attenzione e spero che queste poche righe possano farVi riflettere sulle reali problematiche che stiamo affrontando come famiglie ed indurVi a porre rimedio”.