Genova. Continua, dopo l’intervento del comitato Benessere Medio Levante, il dibattito su Genova24 in merito alla nuova Esselunga in costruzione in via Piave nel quartiere di Albaro. Riceviamo e pubblichiamo la lettera di un altro cittadino
Sto seguendo (da lontano) con interesse la polemica a distanza fra favorevoli e contrari sulla prossima apertura del primo punto Esselunga a Genova, che il capoluogo attende da tempo immemorabile. Non conosco le motivazioni autentiche che hanno portato il Comitato Benessere di Albaro a questo duro attacco contro la realizzazione del nuovo supermercato. Non entro in questioni politiche legate al territorio, ma da milanese adottivo, nato però a Genova, seguo le vicende della città e posso garantire che i genovesi ne potranno trarre solo benefìci, come un residente del quartiere ha fatto ben notare in un’altra lettera. Non ho alcun interesse a difendere la famiglia Caprotti, ma parlo da affezionato cliente della loro catena di supermercati, e credo che alla fine (per qualità della merce, prezzi concorrenziali e organizzazione del lavoro) l’impatto del nuovo Esselunga genovese sarà nullo nella vita quotidiana dei residenti di via Piave, ed a trarne giovamento sarà l’intera città.
Se il Comitato Benessere avesse dato un’occhiata al progetto, che prevede posti auto e moto per tutti i clienti proporzionali alla dimensione del punto vendita, e persino una terrazza con bar vista mare sul tetto, forse avrebbe compreso che guadagnerà qualcosa ad avere Esselunga nella propria zona, anche se forse avrebbe preferito mantenere lo scheletro disadorno e vuoto dell’ex concessionaria Fiat. “Carico di traffico ingestibile in zona, legame fra cattiva qualità dell’aria e aumentata letalità del coronavirus…”.
Mi fermo qui e sorrido. Cito solo un esempio riferito a una realtà a me meglio conosciuta: nel quartiere di Milano2, un microterritorio residenziale paragonabile in tutto e per tutto ad Albaro a Genova e confinante con l’ospedale San Raffaele, Esselunga ha aperto un punto vendita maxi (Segrate) accolto con favore dai residenti, perfettamente integrato nel quartiere anche a livello architettonico. Questione di differente apertura mentale, forse.
Come ha detto il lettore favorevole invece all’apertura del punto vendita di Albaro, stupisce però che in una città dove la spesa è da decenni fra le più care d’Italia, ci sia ancora chi osteggia l’arrivo di una catena che creerà finalmente vera concorrenza nella grande distribuzione.
A meno che, ma neppure voglio pensarlo, si tratti invece della ben nota sindrome di Nimby: in questo caso, spero che il tempo aiuti a trasformarla nella sindrome di Pimby.