Incertezza

Domani inizia la fase 2 ma la mobilità a Genova è ancora un’incognita. E sui bus è rebus capienza

Mezzi equipaggiati coi marker per i posti a sedere, ma non è ancora chiaro quanti passeggeri potranno viaggiare in piedi

Coronavirus: scene di vita quotidiana a Genova, mascherine e trasporto pubblico

Genova. Cosa succederà davvero lo vedremo solo domani mattina. Inizia ufficialmente la fase 2, migliaia di persone torneranno al lavoro con l’apertura pressoché totale delle attività industriali e artigianali e di conseguenza aumenterà il numero di spostamenti in città. Per questo Amt ha preparato un piano d’emergenza che prevede potenziamento del servizio e nuove regole anti contagio a bordo dei bus, mentre il Comune sta lavorando a misure per incentivare la mobilità sostenibile che però non entreranno subito in vigore.

Quanto sarà sensibile l’impatto della fase 2 sulla mobilità? È difficile dirlo con certezza. Se guardiamo alle sole fabbriche, in teoria da domani saranno circa 15mila i lavoratori “riabilitati”, ma bisogna considerare che molte aperture avverranno per gradi e comunque a ranghi ridotti. Per quanto riguarda gli uffici, molte aziende continueranno a praticare lo smart working che ormai è diventato una realtà consolidata negli ultimi due mesi. Un passo indietro non avrebbe senso anche alla luce del fatto che le scuole restano chiuse e si cercherà, per quanto possibile, di non aumentare il disagio delle famiglie.

A Genova i bus saranno potenziati di un ulteriore 10% portando il servizio erogato all’80% del normale orario feriale. I 130 mezzi da 18 metri e i treni della metropolitana sono già stati equipaggiati con i marker che indicano i posti in cui è vietato sedersi. Ma il problema è che la capienza esatta non è ancora stata definita.

Perché il Dpcm prevede non solo l’obbligo di indossare la mascherina per salire a bordo, ma anche il rispetto rigoroso della distanza di un metro dagli altri passeggeri. Una regola che ridurrebbe drasticamente la capacità di trasporto: secondo stime fatte da Amt e Regione, un mezzo snodato passerebbe da 180 a 24 posti, un bus da 10 metri da 80 a 12. In pratica, per far viaggiare le stesse persone che usavano i bus prima dell’emergenza coronavirus, sarebbe necessario otto volte il numero di autobus posseduti dall’azienda.

In queste ore è in corso l’interlocuzione tra le associazioni delle aziende di trasporto e il ministero dei trasporti per ottenere elasticità su questo punto. Se la trattativa non dovesse andare a buon fine, allora sarà inevitabile adeguarsi e arriveranno così i “segnaposto” anche per i passeggeri in piedi, soluzione già adottata sugli ascensori Amt. La diretta conseguenza è che alle fermate potrebbero fermarsi code di utenti in attesa di salire su un mezzo. Per questo già da domani ci saranno volontari della protezione civile a presidiare le fermate più critiche in modo da prevenire assembramenti.

Una situazione ancora molto confusa che rischia di tradursi in un pesante aumento del traffico privato con ripercussioni sulla viabilità. Scenario che Palazzo Tursi vuole scongiurare. Da un parte la Regione farà pressioni sulle aziende perché diluiscano gli orari di entrata e uscita riducendo così il picco delle ore di punta. Poi arriverà il piano delle piste ciclabili “d’emergenza”, con le corsie riservate ai mezzi green dove ci sono strade secondarie su percorsi paralleli, insieme agli incentivi per acquistare bici e monopattini elettrici. Una strategia che però va ancora definita nei dettagli.

“Ci stiamo lavorando in settimana avremo il piano delle prime piste ciclabili – spiega l’assessore Matteo Campora -. Sono in corso approfondimenti tecnici, abbiamo ricevuto ieri anche un documento da parte di Fiab e Conprofessioni, a cui va il mio ringraziamento, con alcune proposte operative che gli uffici da domani approfondiranno”.

L’obiettivo, insomma, è convincere quante più persone possibili a evitare sia i mezzi pubblici sia auto e moto. Ma fondamentale sarà monitorare quello che succederà nei prossimi giorni. Che dipenderà sia dalle decisioni dei genovesi, che dovranno scegliere se e come cambiare le loro abitudini, sia dall’effettivo numero di persone che torneranno a uscire di casa.

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