Festa?

Coronavirus, in Liguria il 1° maggio più triste: oltre 36mila lavoratori in cassa integrazione straordinaria

A Genova chiuse più della metà delle aziende, da lunedì ripresa a singhiozzo: quest'anno non c'è proprio niente da festeggiare

Coronavirus: scene di vita quotidiana a Genova, mascherine e trasporto pubblico

Genova. Ammontano a 36.704 le domande di cassa integrazione straordinaria pervenute alla Regione Liguria dall’inizio dell’emergenza coronavirus. È la fotografia di un primo maggio, festa dei lavoratori, che stride con il durissimo contraccolpo del lockdown alla vigilia di una Fase 2 che porterà a una ripresa delle attività estremamente graduale e sottoposta a numerose incognite.

Il dato non tiene conto di tutti gli altri ammortizzatori sociali attivati in questi mesi, dalla cassa integrazione ordinaria al fondo di integrazione salariale. Ma è comunque rappresentativo di una situazione allarmante per la tenuta dell’economia. Le stime Istat nazionali hanno dipinto nel primo trimestre del 2020 una contrazione del Pil del 4,7% che in Liguria potrebbe essere ancora più marcata proprio per il blocco pressoché totale del turismo, che incide per il 7% sul prodotto interno e che non ha ancora di fronte a sé una strategia chiara per ripartire.

Dal 4 maggio la ripresa, come detto, sarà a singhiozzo. In base ai dati di Confindustria saranno circa 10mila le persone che torneranno al lavoro da lunedì a Genova e provincia, soprattutto nell’edilizia e nella manifattura, sbloccate dal decreto ma alle prese con situazioni difformi.

Da una parte, infatti, alcune fabbriche e cantieri non si sono mai fermati del tutto, grazie a codici Ateco che rientrano tra le attività essenziali o deroghe concesse dal prefetto per non esporre ai rischi della concorrenza le industrie più votate all’export. Tenendo conto di questi fattori si stima che il 50% delle aziende genovesi siano rimaste aperte. Ma le nuove norme sul distanziamento, la sanificazione obbligatoria e l’esigenza di reperire grandi quantità di mascherine costringeranno molte imprese a ripartire a ranghi ridotti.

L’allarme è ancora più pesante per il commercio al dettaglio, i servizi alla persona e l’intero settore della ristorazione, dove le previsioni nazionali di Ascom, ritenute attendibili anche sulla realtà genovese, dicono che la metà dei locali potrebbe non sopravvivere. Una catastrofe che si aggrava di ora in ora mentre per ora non si parla di riapertura prima del 18 maggio, o addirittura giugno nel caso di bar e ristoranti. Per molti, insomma, sarà un primo maggio surreale. Certamente non di festa.

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