Genova. I numeri parlano chiaro: ad aprile sono morte a Genova 1.374 persone, quasi il doppio delle 726 decedute nello stesso mese di un anno fa. Un incremento dell’89% che non lascia spazio a interpretazioni. Di questi decessi, infatti, 510 sono stati attribuiti al Covid-19, precisamente il 37,1% del totale. Tradotto? Lo scorso mese un morto su tre nel capoluogo ligure è stato accertato positivo al coronavirus.
A fotografare meglio di ogni racconto l’impatto dell’epidemia sulla popolazione sono le cifre registrate dalla direzione servizi civici del Comune di Genova. Dati originali, non rielaborati da altri enti, che dipingono un netto peggioramento rispetto a marzo, quando l’aumento dei decessi rispetto al 2019 e la fetta di contagiati acclarati sul totale dei morti non erano così eclatanti come nel mese appena concluso.
Nel primo mese di pandemia vera e propria a Genova erano morte 1.310 persone, quasi lo stesso dato di aprile in termini assoluti, ma con una variazione più contenuta rispetto alle 846 di marzo 2019, pari cioè al 55%. Ma di questi 464 decessi “di troppo”, solo 288 – circa la metà – risultava imputabile al coronavirus, con la conseguenza che il 22% dei morti (uno su cinque) aveva un tampone positivo. Ad aprile, invece, i decessi dichiarati Covid-19 sono il 78% della quota in eccedenza sul 2019, pari a 648 decessi.
La domanda, tuttavia, è sempre la stessa: perché ci sono così tanti morti “in eccesso” nel periodo della pandemia se la diagnosi di Covid-19 ne spiega solo una parte? La differenza è ancora più evidente guardando ai dati Istat relativi alla provincia di Genova con una copertura del 95,3% sul totale della popolazione. Il rapporto evidenzia che, nel periodo tra il 20 febbraio e il 31 marzo 2019, sono morte 1.820 persone di cui 195 di Covid, mentre la media dello stesso periodo riferita al quinquennio precedente (2015-2019) è pari a 1.329. L’aumento dei decessi si limita al 37%, ma il numero dei tamponi positivi spiega solo il 40% delle morti anomale.
Un problema non trascurabile risiede purtroppo nella qualità stessa dei dati. Tra le cifre di Istat e quelle del Comune emerge una discrepanza notevole: l’istituto nazionale conteggia tra il 20 febbraio e il 31 marzo meno morti di coronavirus (195) di quelli registrati solo a Genova nel mese di marzo (288). Come è possibile?
Probabilmente è perché quelli dell’Istat si riferiscono alla sorveglianza nazionale integrata Covid-19 coordinata dall’Istituto superiore di sanità, che opera in base ai risultati dei tamponi comunicati giorno per giorno dalle Regioni, mentre il Comune compila il proprio database con le cause di morte comunicate dall’Asl. Uno sfasamento che non aiuta a chiarire la situazione. Resta però la verità nuda e cruda del dato secco: ad aprile è morto quasi il doppio delle persone decedute un anno fa. E anche aggiungendo le vittime ufficiali del coronavirus non si arriva al totale.