Genova. “Se anche solo il 10% degli utenti che ogni giorno usavano i mezzi Amt dovessero decidere di non tornare all’utilizzo dei mezzi pubblici, ci troveremmo improvvisamente per strada 37mila auto o moto in più”. Inizia così il documento (scaricalo qui) che 40 associazioni cittadine hanno inviato a Comune, Regione e Città metropolitana per avanzare una serie di proposte in vista della fase 2. Il rischio è proprio quello che la paura del contagio sui bus e le misure stesse di distanziamento inducano molti a usare un veicolo privato ed è per questo che, mentre a palazzo Tursi si studiano le contromisure, anche i fan della mobilità sostenibile vogliono dire la loro.
A monte di tutte le proposte – nell’appello sottoscritto da Fridays for Future, Italia Nostra, Fiab, Greenpeace, Wwf e molti altri – c’è la creazione di una “zona rossa che copra l’area più critica del centro città, in modo che sia aperta solo a mezzi pubblici e mezzi sostenibili“. Un’idea drastica che difficilmente il Comune potrà attuare, visto che una delle ipotesi in discussione è quella di estendere la gratuità dei parcheggi nei prossimi mesi, ma che potrebbe offrire lo spunto per pensare a provvedimenti mirati, come quello sul percorso piazza Fontane Marose, via XXV Aprile e via Roma che da tempo si vorrebbe riservare a bus, pedoni e biciclette.
Tra le proposte per incentivare l’uso del trasporto pubblico ci sono la creazione di nuove corsie riservate sui principali assi di forza, l’aumento della frequenza dei mezzi (che in realtà sarà una misura obbligata per evitare il sovraffollamento), rendere il servizio gratuito o scontato per precise fasce di popolazione e su alcuni impianti. Una proposta simile è stata presentata ieri in consiglio comunale dalla Lista Crivello e bocciata senza appello perché incompatibile con la situazione già complicata delle casse di Amt.
Un’idea curiosa per favorire la mobilità pedonale è “allargare i marciapiedi ove possibile, anche con passerelle di legno, birilli o semplice vernice, eventualmente rinunciando a posteggi” ma anche “liberare i marciapiedi da arredi urbani, riposizionando i bidoni della spazzatura, i cartelli pubblicitari, i cartelli stradali”. E ancora, modificare i tempi semaforici a favore dei pedoni, installare cartelli che indichino le distanze a piedi come sui sentieri, introdurre dissuasori di velocità.
Grande spazio alla mobilità ciclabile, con la creazione di “una rete di emergenza di piste ciclabili sicure, che coprano tutti i principali collegamenti quartiere-quartiere e centro-periferia”. Su questo punto l’assessore Matteo Campora e il mobility manager Enrico Musso stanno effettivamente lavorando, a partire dall’idea del sindaco Bucci di riservare alcune corsie delle strade a bici, monopattini e scooter elettrici (l’avevamo anticipata alcuni giorni fa). Un’idea che potrebbe funzionare soprattutto dove esistono strade parallele sugli stessi tragitti, in modo da non penalizzare troppo la circolazione “non green“.
Ieri, tra l’altro, il sindaco Bucci ha confermato che il Comune “darà un supporto economico a chi acquista biciclette normali, bici o motorini elettrici. Vogliamo incentivare il passaggio alla mobilità sostenibile, anche con scelte drastiche”. Scelte che, appunto, potrebbero portare al divieto di circolazione su alcune vie secondarie in favore di pedoni e veicoli elettrici leggeri.
E accanto alle idee per cambiare il modo di muoversi, l’assunto di fondo è che bisognerà cercare, per quanto possibile, di muoversi meno. Così le 40 associazioni firmatarie dell’appello propongono di offrire supporto a chi introdurrà lo smart working, con sostegno economico alle famiglie per acquistare i dispositivi necessari, o in alternativa introdurre una flessibilità oraria per evitare che tutti entrino ed escano dagli uffici nello stesso momento. E poi “una campagna informativa attraverso tutti i mezzi di comunicazione per orientare le abitudini della cittadinanza verso un approccio sostenibile”.
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