Genova. Se qualcuno non ha ricevuto la sua confezione a casa, c’è ancora speranza. Partirà lunedì 4 maggio la seconda tornata della distribuzione di mascherine gratuite in Liguria, in concomitanza con l’inizio della fase 2 che le rende obbligatorie in diverse occasioni della vita quotidiana, dai mezzi pubblici alle visite ai parenti passando per le attività economiche che riapriranno.
“La consegna mediante Poste Italiane è arrivata al 98%, ma questa fase finirà entro giovedì – ha spiegato oggi l’assessore regionale alla protezione civile Giacomo Giampedrone – dopodiché scatteranno altre due modalità”.
Anzitutto si andrà a controllare chi, per qualche motivo, non le ha ricevute in cassetta. A questo proposito la Regione ha aperto un indirizzo e-mail (segnalazionimascherineliguria@gmail.com) che in due giorni ha raccolto 400 segnalazioni, quasi tutte dalla città di Genova. Per queste persone sono a disposizione ulteriori 100mila mascherine, in aggiunta ai 2 milioni già recapitati nelle case, che serviranno a coprire i “buchi” nella consegna, gli episodi di furto e altri disguidi.
La vera e propria fase due entrerà in gioco nella prima parte di maggio. Le ultime mascherine gratuite, un milione in tutta la regione, si potranno ritirare nelle edicole e nelle farmacie, con l’ipotesi di coinvolgere nuovamente i Comuni. Queste le uniche conferme arrivate da Giampedrone che per ora non si sbilancia: “Stiamo ancora definendo i dettagli, entro il primo maggio li comunicheremo”. Resta il nodo dei controlli per evitare la corsa selvaggia alla mascherina gratuita: in campo c’è sempre l’idea di chiedere la tessera sanitaria o un modulo di autocertificazione.
E poi? Al momento la Regione non ha in programma altre distribuzioni gratuite. “Con questa consegna abbiamo terminato i nostri 6 milioni di mascherine acquistate. Non potremo coprire tutto il fabbisogno, chiediamo allo Stato di poterlo garantire”, spiega Giampedrone. L’unica misura nazionale è però il blocco dei prezzi a 50 centesimi al pezzo, cifra sostenibile per la maggior parte dei cittadini ma non per le aziende locali che si sono riconvertite e che non riusciranno così a sostenere i costi della produzione.
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