Genova. Il coronavirus non ferma i festeggiamenti del 25 aprile, anzi, la quarantena forzata “rischia” di allargarne la portata, in maniera minuta ma capillare, come capillare è stata la conquista della libertà che festeggiamo, strada per strada.
Sì perché le strade di Genova sono disseminate di memoria, quella che nel dopo guerra è stata resa “imperitura” grazie al posizionamento di decine e decine di targhe in ricordo dei tanti caduti per mano fascista e nazista all’interno del tessuto urbano, durante scontri a fuoco, rappresaglie, crudeltà, contenimenti di scioperi e sollevazioni.
Targhe che col tempo sono diventate una quinta spesso invisibile del nostro arredo urbano, dimenticate, trascurate, sconosciute. Ma “grazie” al Covid-19, forse, non più: da settimane molti cittadini, sfruttando il raggio d’azione dei 250 metri imposto dalla decretazione relativa all’emergenza sanitaria, stanno riscoprendo angoli urbani “sotto il naso”, tra cui anche le lapidi che ricordano il sacrificio patito da tanti genovesi durante la Guerra di Liberazione.
E così, spontaneamente e in maniera informale, in questi giorni sono in molti ad aver “preso in cura” la targa della via in cui abitano o del quartiere, chi pulendola, chi portando un fiore, chi fotografandola e postandola sui social. Insomma, riscoprendo una geografia della resistenza spesso poco conosciuta, ma ancora pregna di significati.
“Umberto Pini, morto a 15 anni a Principe, proprio durante gli scontri del 25 aprile del 1945. Grazie, eroe”, si legge sui social, e sono in tanti che, aiutati da strumenti come il portale “Pietre della Memoria“, potranno compiere quel festeggiamento diversamente collettivo che il lockdown non potrà fermare. Quello di quest’anno sarà un 25 aprile anomalo, “separato”, ma forse non tutto il male vien per nuocere. E se diventasse un’abitudine?