Genova. L’immagine simbolo, se vogliamo, è sempre quella di Boccadasse. Un mare limpido come di rado si riesce a osservare, il cielo terso e l’aria pura, il trionfo della primavera nei giardini e sui monti in lontananza. La spiaggia di ciottoli è vuota, al margine c’è solo una manciata di fortunati residenti che si godono l’ombra o il sole, a seconda dei gusti, adagiati sulle sdraio davanti a casa. Sarebbe il paradiso, se non fosse che è la Pasqua più infernale che Genova abbia mai vissuto negli ultimi anni: tutti chiusi in casa perché là fuori c’è un virus che sa essere letale.
A confortare le impressioni non ci sono ancora i numeri. Quelli arriveranno domani e daranno un senso dell’effettiva mobilità dei genovesi grazie all’analisi delle celle telefoniche, percentuali e confronti che da settimane il sindaco Marco Bucci sciorina per dare il voto in condotta ai suoi concittadini. A giudicare dalle strade che abbiamo percorso nel pomeriggio – corso Italia, la Sopraelevata, la Gronda a mare fino a Sestri Ponente – la sensazione è che il messaggio sia stato recepito con poche eccezioni.
Tutti i distretti della polizia locale hanno attivato posti di blocco sulle principali arterie: corso Marconi, piazza Giusti, via Siffredi, piazza Dunant, via V Maggio, corso Europa per citarne alcuni. “Sanzioni sì, ma poche”, ci racconta un vigile urbano mentre controlla documenti e autocertificazione a Sestri Ponente. “Qui abbiamo fermato una cinquantina di persone, erano tutti in regola – ci spiegano invece alla Foce -. Chi si muove lo fa soprattutto per lavoro o necessità: medici, infermieri, assistenza ad anziani o disabili. Oggi non c’è nemmeno la spesa da fare”. Già, perché i supermercati sono praticamente tutti chiusi.
Ovviamente c’è chi ci prova e adduce le scuse più disparate, come l’ormai classica passeggiata col cane a chilometri di distanza. E c’è anche chi tenta di calarsi nel ruolo – altrettanto tipico di questi tempi – del giustiziere condominiale. “Tanta gente chiama per segnalare che c’è gente sul terrazzo di fronte”, raccontano dalla centrale operativa della polizia locale. E i vigili a quel punto cosa fanno? “Sul mio terrazzo faccio quel che mi pare”, è la risposta sbrigativa ma incisiva.
Storie a metà tra il serio e il faceto nella Pasqua più assurda della storia recente. Sperando di poter parlare tra un anno di famiglie sulla spiaggia, scampagnate, assembramenti, runner selvaggi, feste in mezzo alla strada. Quando la pandemia, dopo aver segnato le nostre vite, sarà diventata nient’altro che un ricordo.