Cogoleto. Lei infermiera, lui operatore socio sanitario. Entrambi savonesi impiegati all’interno di una casa di riposo di Cogoleto. Lei non ha la patente e così lui, anche per evitarle il “più rischioso” spostamento in treno, la va a prendere con l’auto.
Sulla strada del ritorno verso casa, all’altezza del casello autostradale di Savona, una volante della Polizia di Stato li ferma e per i due coniugi scatta subito la sanzione per violazione delle disposizioni governative volte a contenere il contagio del virus.
È successo sabato sera a due cittadini, lui savonese, lei di Cogoleto. Sul verbale redatto dagli agenti in servizio, in particolare, si legge che “il veicolo effettuava un trasferimento extracomunale nonostante non fosse in possesso di motivazione di assicurata urgenza e, nella fattispecie, si allontanava dal domicilio per accompagnare la moglie dal lavoro a casa”.

L’infermiera, dispiaciuta e amareggiata, commenta così l’episodio: “Forse abbiamo torto noi, ma la frustrazione di questa situazione è terribile – racconta la donna – vado a lavorare per 1500 euro al mese e nel mio posto di lavoro la situazione è anche abbastanza complicata”.
Da un lato il dovere delle forze dell’ordine di far rispettare le regole, dall’altro lato un operatore sanitario impegnato in prima linea nella lotta al Coronavirus. Non una necessità impellente di andare a “prendere la tintarella” in riva al mare.
Non una gita fuori porta per evadere un po’ dalle quattro mura di casa. Lei, infermiera di una casa di riposo, stava tornando a casa dopo aver fatto il suo dovere e forse proprio per questo si domanda: “Dobbiamo davvero correre un nuovo rischio anche quando ci spostiamo per andare a lavorare?”.
La polizia stradale, dal canto suo, spiega che non c’era alternativa alla sanzione: “Purtroppo tecnicamente il verbale è corretto, perché la normativa è molto stringente – chiarisce la comandante Erika D’Alessandro – E’ stato contravvenzionato solo il marito che è andata a prenderla, la donna naturalmente no perché aveva esigenze lavorative. La ragione è che non è stata fornita una motivazione valida su perché la donna non avrebbe potuto usare i mezzi pubblici. La generica paura del contagio non si può considerare adeguata: è vero che i treni sono più scomodi, ma sono anche quasi vuoti. Poi posso comprendere che questa situazione possa sfociare in amarezza nei cittadini e in sentimenti di dispiacere. Purtroppo ripeto, però, che la normativa è molto chiara. L’operatore che si trova su strada come fa a non attenersi a quanto richiesto dal legislatore, facendo distinguo che poi possono creare dei ‘casi’? In caso di dubbi o perplessità su cosa è permesso e cosa no l’invito ai cittadini è quello di informarsi in tempo attraverso i nostri canali, proprio per evitare situazioni spiacevoli come questa”.