Roma. “Non accelera il recupero nei pazienti con Covid-19 in pazienti critici“. E’ questa la conclusione a cui è arrivato uno studio condotto in Cina sul Remdesivir, il farmaco antivirale usato in passato per curare l’ebola e sperimentato anche su tre pazienti al San Martino di Genova prima che l’azienda produttrice, l’americana Gilead Sciences, decidesse di escludere il policlinico dal programma di “uso compassionevole”.
La ricerca che smentirebbe l’efficacia del Remdesivir è stata condotta in Cina e i risultati erano stati pubblicati per errore dall’Oms qualche giorno fa. Nell’articolo conclusivo, pubblicato da Lancet, gli stessi ricercatori invitano però a prendere con le molle i risultati per le piccole dimensioni del trial.
Nello studio sono stati arruolati 237 pazienti adulti, che sono stati assegnati casualmente al trattamento con Remdesivir o a un placebo per 10 giorni. “Sfortunatamente il nostro test ha trovato che, sebbene sia sicuro e adeguatamente tollerato, il Remdesivir non fornisce benefici significativi rispetto al placebo – spiega Bin Cao, della Capital Medical University cinese. Non è il risultato in cui speravamo, ma dobbiamo tenere a mente che siamo riusciti ad arruolare solo 237 dei 453 pazienti che speravamo. Inoltre le restrizioni nella disponibilità dei letti ha fatto sì che la maggior parte dei pazienti sia stata arruolata con la malattia in fase avanzata”.
“Sullo studio cinese nutro molti dubbi – commenta Matteo Bassetti, direttore della clinica di malattie infettive del San Martino – perché è stata arruolata solo metà dei pazienti del target. Remdesivir va usato più precocemente“. La scorsa settimana in Liguria era scoppiato il caso dopo la sua lettera che lamentava l’esclusione di Genova dai dieci centri selezionati in Italia. Scelta che l’Aifa ha scaricato completamente sulla ditta americana, come ribadito in una recente interrogazione parlamentare.
Era il 2 marzo quando Bassetti annunciò di avere chiesto la possibilità di sperimentare il farmaco sui pazienti di malattie infettive. Il 17 marzo si registrò a Genova il primo paziente guarito con l’uso di Remdesivir. Poi le cose hanno iniziato a complicarsi: dal 23 marzo per usare il medicinale è stata resa necessaria non solo l’autorizzazione del comitato etico interno, ma anche dell’Aifa e dell’istituto Spallanzani di Roma.
“Esprimiamo il disappunto degli infettivologi liguri per la scelta centrale – aveva detto Bassetti – nonostante a Genova siamo stati tra i primi a chiedere il Remdesivir a marzo scorso. Chiedevamo 21 trattamenti, abbiamo potuto trattare solo 3 pazienti a causa dei tempi di arrivo del farmaco e della sua carenza, e tutti e tre i pazienti curati in Liguria hanno dato esito positivo”.
D’altro canto il virologo della Casa Bianca, Anthony Fauci, ha ribadito proprio nelle scorse ore che il Remdesivir tende a ridurre il tasso di mortalità dei contagiati dal coronavirus. “Sebbene un miglioramento al 31% non sia una svolta come il 100%, è un’importante prova di principio”, ha osservato l’esperto statunitense. La ripresa dei malati curati con il Remdesivir sarebbe risultata in media di 11 giorni contro 15 in assenza di trattamento. Il tasso di mortalità è risultato dell’8% contro l’11,6% degli infettati che non hanno assunto l’antivirale.