Genova. Primo comandamento: evitare che il contagio possa espandersi di nuovo in maniera incontrollata. Secondo comandamento: riaprire anzitutto le attività più esposte al rischio di concorrenza straniera. Terzo comandamento: aiutare subito chi riapre a sostenere le spese per mettersi in sicurezza.
Iniziano così le “tavole della legge” incise negli uffici della Regione Liguria dove si lavora a pieno ritmo per elaborare il piano di entrata nella fase due dell’emergenza coronavirus. Perché se da un lato saranno gli esperti della task force a elaborare una serie di proposte, dall’altro la regia resta in mano al livello politico che vuole presentarsi al Governo con le idee chiare.
“Che cosa riapriremo prima? È ancora tutto da valutare, non me la sento di sbilanciarmi”. spiega l’assessore allo sviluppo economico Andrea Benveduti che ha riaperto il tavolo economico con parti sociali e associazioni di categoria. C’è però una certezza: “Il distanziamento e le mascherine saranno le parole d’ordine, ma a fronte di una richiesta molto elevata daremo priorità alle attività che devono essere per forza sul campo, creando una gerarchia. La nostra idea è quella di assegnare un punteggio decrescente alle imprese a seconda della loro strategicità”.
Una sorta di “patente a punti”, insomma, dove al primo posto ci sono le produzioni di interesse nazionale. E in Liguria ce ne sono. A cominciare dalla cantieristica navale, che dopo il via libera alle consegne delle unità da diporto sta già programmando la ripresa delle attività in realtà come Sestri Ponente e Riva Trigoso. E ancora la meccanica e il settore energetico.
Attività che avrebbero il massimo punteggio nel sistema caldeggiato dalla Regione in quanto potrebbero soffrire più di altre il sorpasso di paesi esteri già in fase avanzata di uscita dal lockdown. Riaprirle consentirebbe anche di sperimentare il funzionamento delle norme anti contagio, che includeranno l’uso dei dispositivi di protezione ma anche un’estensione degli orari di lavoro.
Accanto a questi criteri, poi, si pensa a una serie di eccezioni specifiche e peculiari – come il florovivaismo – in cui il rispetto delle norme di sicurezza sarebbe un problema minore. Allo stesso modo, basandosi sull’esperienza maturata nel cantiere del nuovo ponte (e per questo i tecnici del Rina sono tra i consulenti della Regione), l’obiettivo è ripartire il prima possibile con l’edilizia. Poi bar e ristoranti, che potrebbero organizzarsi anzitutto per il servizio take away, come suggeriva qualche giorno fa il presidente Toti.
“All’interno delle stesse aziende, poi, bisognerà distinguere per mansioni – prosegue Benveduti – perché un conto è il lavoro di un tecnico che aggiusta una centrale elettrica oppure un idraulico. Altra cosa, ad esempio, è gestire delle fatture. Se il tema è riaprire una stanza con cinquanta contabili seduti, io ci penserei tra almeno un mese, un mese e mezzo. In quel caso si può riprendere lo stesso, con una buona dose di smart working“.
Intanto la Liguria predisporrà, intorno alla metà di maggio, un bando dedicato a piccole e medie imprese per finanziare i costi della riapertura: interventi di sanificazione, barriere in plexiglass per uffici e ristoranti, adeguamento degli impianti di condizionamento dell’aria, riorganizzazione degli spazi al chiuso.
A disposizione, assicurano i tecnici di Benveduti che stanno lavorando ai dettagli, ci saranno almeno 8 milioni, provenienti in parte da fondi europei e in parte dal fondo strategico regionale. Le aziende potranno chiedere un contributo a fondo perduto per il 60% delle spese sostenute (si ragiona di un tetto pari a 10-15mila euro per singola impresa) mentre per il restante 40% verrà attivato un fondo di garanzia.
Insieme agli esperti della task force si lavora anche al piano di screening che coinvolgerà le prime aziende riaperte. “La strategia – dice l’assessore Benveduti – è quella di utilizzare algoritmi in base a età, condizioni di salute e lavoro svolto per organizzare un campionamento statistico tra i lavoratori. Ad esempio, se un’impresa ha mille dipendenti, vogliamo sapere quanti test sierologici dobbiamo fare al giorno per controllare che non si sviluppino nuovi focolai. Dovremo farlo per poter tornare progressivamente alla normalità”.