Genova. Che le residenze per anziani fossero il fronte caldo dell’emergenza coronavirus appariva chiaro da tempo. Ma adesso, mentre iniziano ad arrivare i primi dati ufficiali in larga parte ancora incompleti, i numeri dei decessi finiscono in mano alla magistratura, in Liguria come in altre regioni italiane. Lo scopo è accertare se, a fronte di un aumento evidente dei morti nelle strutture, esistano profili di responsabilità penale.
Alcune cifre il presidente della Regione Giovanni Toti le ha comunicate ieri: negli ultimi 46 giorni “sono circa 800 i decessi totali nelle residenze per anziani della Liguria, e di questi il 30%, circa 240, sono correlati a Covid-19“. Ma, come ha precisato lo stesso governatore, “si tratta di un dato ancora da verificare”. Il questionario è stato inviato a tutte le 230 rsa per over 65 presenti in Liguria, che in totale contano circa 15mila utenti.
La percentuale è comunque in linea con quella rilevata dall’Istituto superiore di sanità secondo cui in Italia il 37,4% dei decessi tra i residenti, pari a 1443 su 3859 deceduti (dal primo febbraio) ha interessato residenti con riscontro di infezione da coronavirus o con manifestazioni simil-influenzali. I conti sul tavolo dei pubblici ministeri genovesi indicano un aumento della mortalità del 40%. Alla residenza San Camillo di Genova, per esempio, risultano 39 morti su 120 ospiti.
Al momento non ci sono indagini di carattere generale. Il procuratore aggiunto Francesco Pinto ha aperto un fascicolo per omicidio colposo a carico di ignoti riferito all’esposto sulla morte delle due anziane sorelle ospiti della Casa Serena. Le indagini mirano a stabilire se vi siano state negligenze della struttura in termini di ritardi o di lacune nelle procedure per fronteggiare il virus. Secondo la direzione della Rsa, però, tutte le cautele sono state adottate proprio per evitare i contagi tra gli anziani.
Del resto c’è un altro dato che non torna. Quello dei decessi “anomali” che ufficialmente non vengono attribuiti al coronavirus. Come abbiamo rivelato alcuni giorni fa, nel Comune di Genova a marzo sono stati registrati 1.310 decessi, di cui 288 dichiarati per Covid-19. L’anno prima, nello stesso mese, erano morte 846 persone, il 54% in meno. Resterebbero quindi da spiegare 176 decessi “di troppo”. Il dubbio è che alcuni di questi possano essere comunque correlati all’infezione, anche se non vengono censiti perché a molti defunti non viene fatto il tampone. Da inizio emergenza, inoltre, risulta che un morto su quattro risiedesse proprio una rsa.
Da un ulteriore approfondimento dell’Iss, risulta che in Lombardia e in Liguria circa un quarto delle strutture (rispettivamente il 23% e il 25%), presenta un tasso di mortalità maggiore o uguale al 10%. Solo in sei regioni le strutture interpellate hanno riportato di avere attualmente residenti positivi al Covid-19, nello specifico, la Lombardia (163), l’Emilia Romagna (22), il Veneto (98), le Marche (10), la Toscana (76) e la Liguria (8).
Su 560 strutture che hanno risposto alla domanda sui tamponi positivi sul personale, 97 (17,3%) hanno dichiarato una positività. La regione che presenta una frequenza più alta di strutture con personale riscontrato positivo è la Lombardia (34.6%), seguita dalla provincia di Trento e Liguria (entrambe 25%), Marche (16.7%), Toscana (15.8%), Veneto (14.6%), Friuli Venezia Giulia (13.3%) e valori inferiori al 10% o uguali a zero per le altre regioni.
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