Genova. Nel solo mese di marzo a Genova sono morte 1.310 persone, l’anno prima nello stesso periodo erano 846. Un aumento del 54% (464 in più) che non ha altre spiegazioni a livello statistico se non la pandemia di coronavirus.
Il dato arriva dal Comune ed è la fotografia più chiara della situazione in corso: al netto dei ragionamenti cervellotici sulle proiezioni dei contagi reali rispetto a quelli registrati, al netto dei paragoni con l’influenza stagionale, al netto dei conteggi sull’età media dei malati, si può dedurre che, per ogni due morti genovesi di altre cause, ce ne sia uno stroncato probabilmente dal Covid-19.
La variazione è lampante solo a marzo, mentre i dati degli altri mesi sono in linea con il 2019, e mostrano in realtà una lievissima flessione: a febbraio 747 deceduti contro 825 (circa il 10% in meno), a gennaio 812 contro 866 (calo del 6%). A far impennare il confronto sono i giorni di fuoco della pandemia, quelli dei ricoveri in massa, degli ospedali intasati, dei funerali negati e delle bare in coda a Staglieno (lo abbiamo raccontato qui). Il primo trimestre dell’anno segna per ora un aumento del 13%, ma bisognerà attendere i numeri dei prossimi mesi per capire l’impatto complessivo.
Il numero complessivo delle morti legate al Covid-19 è divenuto oggetto di discussione quando gli amministratori di alcuni Comuni delle aree più colpite dal virus hanno messo in dubbio i dati ufficiali, facendo intendere che in realtà le persone decedute sono un numero maggiore di quante ne siano state effettivamente conteggiate.
In effetti le perplessità sorgono anche per Genova: perché ci sono 400 decessi “anomali” solo nel capoluogo ligure mentre il bilancio ufficiale aggiornato a ieri (3 aprile) parla di 488 morti in tutta la regione? È dunque possibile che una buona parte delle persone uccise da Covid-19 non vengano censite? Al momento non è possibile operare confronti certi.
Fino a qualche giorno fa pareva plausibile che il numero di decessi non ufficialmente associati al Covid-19 fosse relativamente sparuto, poi il dubbio che i numeri fossero più elevati si è diffuso. Al punto da portare l’Istat a produrre una statistica sull’andamento della mortalità, con i dati anticipatori del 2020.
Il bilancio demografico completo di fine marzo sarà noto solamente il 25 luglio. L’istituto di statistica, nel frattempo, ha raccolto i dati di 1.084 comuni italiani (sui 7.904 complessivi) relativi al periodo che va dall’1 al 21 marzo 2020. Confrontandoli con lo stesso periodo del 2019, è emerso che in Italia sono raddoppiati i decessi, passando da 8.054 a 16.216.
In provincia di Genova i comuni presi in considerazione per l’analisi non sono molto significativi: Carasco, Cogoleto, Masone, Rapallo, Rossiglione e Serra Riccò. Alcune variazioni sono enormi. A Carasco più 400%, ma in base a numeri molto piccoli: 5 morti nei primi venti giorni di marzo 2020, uno solo nello stesso periodo del 2019. A Rapallo, che non arriva a 30mila abitanti, si registra un aumento del 14,3% (32 decessi contro 28, di nuovo cifre poco rilevanti). Il dato più forte resta quello del capoluogo genovese dove il fenomeno è ben evidente a causa della base statistica molto più ampia. Anche Savona e provincia mostrano un andamento simile.
Se il dato nostrano è comunque grave, quello dei focolai più colpiti è impressionante. Sempre in base all’Istat, la città di Bergamo ha visto quadruplicare (294% in più) i decessi nei primi due terzi del mese di marzo: 398 quest’anno, 101 l’anno scorso. A Milano – dati del Comune — in tutto marzo i decessi sono stati 2.155 rispetto ai 1.224 del 2019 e 1.206 del 2018. Un aumento del 73%.
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