Genova. “Mia figlia è malata e mi trovo a Genova con lei perchè ha bisogno di cure: la gente ci dà degli untori di Bergamo e ci sentiamo discriminati”. È la triste storia di Andreea, originaria della Romania ma residente a Bergamo, arrivata nella nostra città per curare la figlia di 12 anni malata di tumore all’ospedale Gaslini. A raccontarla è Paolo Ghisani sul quotidiano online BergamoNews.
“A fine gennaio mia figlia Irene si è accorta di non vedere dall’occhio sinistro: dopo aver effettuato una visita oculistica e diversi esami, purtroppo, abbiamo scoperto che si trattava di un tumore alla testa – racconta la donna in lacrime -. Dopo aver ricevuto la diagnosi ci siamo rivolti all’ospedale Gaslini di Genova”.
Il 12 febbraio la ragazza subisce un intervento chirurgico di 13 ore per rimuovere l’80% del tumore: “Avevamo il cuore in gola e il tempo sembrava essersi fermato. L’operazione tecnicamente è ben riuscita ma, dopo averla trasportata in terapia intensiva, all’una di notte ci hanno avvisato che nostra figlia aveva subito tre ictus. Era rimasta paralizzata per metà del corpo, non muoveva il braccio e la gamba destra e si temeva che avesse un’emorragia. Ora va meglio: con la riabilitazione ha recuperato l’utilizzo del braccio e della gamba lesionata, parla e sorride.
Ma oltre all’ansia per la malattia, a Genova Andreea ha avuto un trauma ancora più difficile da digerire: la discriminazione. “Abito in affitto a Nervi – prosegue la donna parlando con BergamoNews – in una casa vicina all’ospedale per poter raggiungere facilmente Irene, ma oltre alle preoccupazioni per i suoi problemi di salute sto subendo l’atteggiamento avverso dei vicini che ci additano come untori di Bergamo a causa della pandemia del coronavirus. Hanno inviato a casa i carabinieri e la polizia, ci dicono che facciamo schifo e che dobbiamo andarcene, che faranno di tutto per farci lasciare la città e farci sanzionare”.
Una denuncia che ha dell’incredibile: “Una signora ha aggiunto che non le interessa nulla dei problemi di salute di mia figlia e due poliziotti ci hanno detto che ‘cercheranno’ di non multarmi e di metterci nei panni dei residenti pensando a come vivremmo l’arrivo a Bergamo di una famiglia di genovesi infetti, ma noi non lo siamo: eravamo qui prima dell’introduzione delle restrizioni anti-contagio e non sono scappata per andare in una casa vacanza quando è stata decisa la quarantena”.
Il caso è arrivato sul tavolo del presidente ligure Giovanni Toti che ha espresso la propria solidarietà: “La discriminazione subita va fermamente condannata, senza se e senza ma, e non deve mettere in discussione il grande cuore dei genovesi e dei liguri. Mi scuso a nome di chi ha offeso la vostra famiglia in questo momento molto difficile, purtroppo la paura a volte spinge a gesti che non sono in alcun modo giustificabili. Ma state certi che si tratta di una minoranza. I liguri sono pronti a darvi il loro più sincero benvenuto nella nostra terra, che grazie al Gaslini rappresenta una speranza per tante famiglie come la vostra. Oggi più che mai stiamo scoprendo quanto sia importante stare uniti da nord a sud, anche se lontani. Forza Irene, sei in buone mani e tutta la Liguria tifa per te”.

Oltre alla discriminazione e ai problemi di salute è arrivata poi la beffa. Il marito di Andrea ha preso casa a Rapallo per poter stare vicino alla moglie e alla figlia ed è stato multato. “Generalmente – racconta – la domenica raggiungo la mia famiglia, compilando le apposite certificazioni. Venerdì sera (17 aprile), però, la polizia mi ha chiamato per dirmi di non andare a Genova se possibile. Ho interpellato il mio avvocato: sabato mattina ha telefonato al commissario che gli ha risposto di averci consigliato di non partire. Sabato però, una pattuglia per strada mi ha fermato e ha annunciato la sanzione: l’agente mi ha detto che mia figlia non ha bisogno di me perché la presenza della madre è sufficiente. È stato sanzionato con la multa di 533 euro anche mio figlio, che vive insieme a me e ieri sabato mi ha accompagnato. La mascherina che indossava si era rotta da un lato e provvisoriamente gliel’avevo legata agli occhiali, inoltre secondo gli agenti non poteva venire con me, ma io non riuscivo a stare in piedi: avevo un forte mal di schiena perchè sto lavorando 13 ore al giorno e non me la sentivo di guidare. Gli agenti, però, hanno risposto che secondo loro avrei potuto guidare. Nelle scorse settimane, invece, ho ricevuto una contravvenzione sulla strada dei Giovi e quella volta stavo portando farmaci salva-vita per mia cognata e un materasso che le serviva perchè l’appartamento di Rapallo era così piccolo da non avere un posto dove dormire: non conosco ancora l’importo della multa ma arriverà”.
“Tornerei volentieri a Bergamo perchè la amo e mi manca come l’aria: sono di origine rumena ma ci vivo da 15 anni, sono sposata con un bergamasco e abbiamo una bella famiglia. Il trattamento che stiamo ricevendo a Genova mi fa molto male: non ho mai chiesto nulla a nessuno, pago 800 euro di affitto ogni mese e vorrei solamente non essere discriminata. Penso che sia necessario sollevare il problema: tacere è sbagliato”, conclude amaramente Andreea.
Le immagini sono gentilmente concesse da BergamoNews