Genova. Non ci sono positivi al coronavirus nel cantiere del ponte di Genova. Le mascherine sono sui volti. La temperatura viene misurata a tutti, in ingresso e in uscita. Ci sono disinfettanti a disposizione e altri sistemi di sicurezza. Ma qualcuno ha deciso di mettersi in mutua, qualcuno dovrà sottoporsi a quarantena, magari rientrando da zone rosse o perché a contatto con persone a rischio. Qualcuno, tutti gli operai della Cossi, hanno gettato la spugna, almeno per il momento. E se è vero che quello del viadotto genovese è il cantiere simbolo della possibile ripresa italiana – anche in questo momento di emergenza sanitaria – c’è chi ribadisce che prima di tutto viene la salute. Lo dicono anche i sindacati, parlando di quella dei lavoratori.
“Il maxi varo è stato un successo, tutti noi genovesi sappiamo cosa rappresenti quel ponte e quanto sia prioritario, abbiamo lavorato nella stessa direzione per mesi con le istituzioni ma adesso pensiamo che sarebbe opportuno ragionare sulla possibilità di rallentare con i lavori, magari rinviare di 20 giorni un taglio del nastro che rischia di non poter essere comunque effettuato”, dice Federico Pezzoli, segretario della Fillea Cgil di Genova. “I lavoratori non sono sereni e questo porta a rischi che vanno oltre quello del Covid, quando si lavora a 40 metri di altezza non si può essere preoccupati”.
Andrea Tafaria, segretario generale Filca Cisl Liguria, è sulla stessa lunghezza d’onda: “Il buon senso direbbe di fermarsi, in quel cantiere lavorano molti operai non genovesi”. Anche la Uil valuta un ragionamento su un momentaneo stop: “Pensiamo sia giusta una sospensione di alcuni giorni per permettere una completa sanificazione e garantire tutte le misure possibili”, dice Mirko Trapasso, segretario generale regionale Feneal Uil.
Il viadotto sul Polcevera rientra a pieno titolo tra le opere di ingegneria civile strategiche che, in base al nuovo decreto Conte, non devono essere sospese. “Ma dopo il passo indietro dell’azienda Cossi – spiega Pezzoli – ci sono altri operai che hanno deciso di mettersi in mutua perché, anche se le misure di sicurezza, nel cantiere del ponte, vengono rispettate, il rischio zero non esiste”. “Altro problema – aggiunge Tafaria – è la quarantena preventiva a cui sono sottoposti alcuni dipendenti che magari rientrano da fuori”. Oltre agli edili, il problema riguarda i metalmeccanici, almeno tre imprese di saldatura in subappalto a Fincantieri, parte del consorzio PerGenova. Fincantieri ha già fermato le attività di cantieristica standard.
Il rallentamento auspicato dai sindacati, in un cantiere organizzato in base metodo cosiddetto “fast track”, ovvero delle lavorazioni in parallelo, significherebbe un sostanziale stop. “Ma parliamo di una ventina di giorni, per scavalcare i rischi maggiori” afferma Pezzoli. Al momento sono montati oltre 800 metri di impalcato su 1067 totali. Si procede, fa sapere Salini. “Si stanno già organizzando le operazioni per la preparazione della soletta del ponte per poter riconsegnare l’opera alla città in tempi record” recita una nota odierna. D’altronde parte delle maestranze sono state sostituite attingendo al bacino della forza lavoro del terzo valico.
Ma secondo i sindacati si tratta solo di aspettare un po’, in un momento di non ritorno per il settore dell’edilizia (in queste ore stanno arrivando centinaia di richieste di cassa integrazione). “Oggi dobbiamo tamponare e salvare il salvabile – sottolinea Federico Pezzoli della Fillea – ma guardiamo in prospettiva, quando passerà questa fase il nostro settore, che dopo aver pagato un prezzo altissimo si stava risollevando, potrà avere una nuova rinascita: waterfront, scomatore del Bisagno, gronda, sopraelevata portuale, ribaltamento a mare oltre ai finanziamenti pubblici per la rigenerazione urbana come il progetto Diga di Begato e il parco del ponte, dobbiamo farci trovare pronti, resistere e non perdere quel treno”.