Genova. Chiusura rigorosamente alle 18 per bar e ristoranti di tutta Italia, Liguria e Genova comprese. Sono 5800 esercizi pubblici in Liguria di cui la metà (2600 per la precisione) a Genova. Per loro dopo settimane già pesanti da quando è esplosa l’emergenza coronavirus è arrivato il decreto “tombale”: le attività possono restare aperte solo dalle 6 alle 18 e solo se sono in grado di rispettare le previsioni del decreto, vale a dire il metro di distanza tra le persone con sanzione della sospensione dell’attività in caso di violazione.
Non che in questi giorni le cose fossero tanto diverse: “Ieri ho chiuso alle 16.30 racconta la titolare di uno dei bar in zona porto Antico, in un lunedì spettrale per la città, ancora prima che arrivare l’ultimo decreto del governo”. Ora però la chiusura anticipata è obbligo.
“C’è molta preoccupazione nel nostro settore, spiega Alessandro Cavo, presidente Fipe Liguria – ma c’è anche molto senso di responsabilità perché tutti hanno capito che l’emergenza sanitaria è reale e va contrastato il dilagare del contagio”.
Intanto però i commercianti fanno i conti con perdite che non sono neppure quantificabili: “E’ evidente che serve un intervento governativo – dice Cavo – ma sono relativamente fiducioso su questo: ieri sera il presidente Conte parlava di 7 miliardi e mezzo di sforamento, il ministro Cottarelli ha parlato di cifre anche superiori. E’ evidente che a noi serve anzitutto l’attivazione della cassa in deroga al momento abbiamo in mano, credo, solo lo slittamento dei tributi come era fino a due giorni fa per la Lombardia”.
La Fipe a livello nazionale, per informare gli esercenti ha diffuso una lista di faq per fare il punto sul decreto.Per quanto riguarda i pubblici esercizi è stato chiarito per esempio che bar e soprattutto ristoranti devono sì chiudere al pubblico alle 18 ma possono mantenere aperto il locale per la vendita a domicilio. Si prevede quindi per queste settimana una crescita esponenziale dei servizi di cibo a domicilio attraverso juest eat, delivery e le altre piattaforme: “So che in molti si stanno attrezzando in queste ore – spiega Cavo – tra qualche giorno potremmo avere i primi riscontri”
Tra gli altri dubbi sollevati uno riguarda il cosiddetto artigianato alimentare: chioschi e negozi che vendono cibo soprattutto da asporto o da consumare in strada: “A parte che sussiste e le autorità ci hanno garantito che sarà rispettato, il divieto di assembramento, non vedo perché non dovrebbero essere ricompresi anche loro nel decreto visto che fanno in qualche modo servizio di ristorazione. Ci auguriamo che il senso di responsabilità ci sia da parte di tutti”.