Genova. “È tutto finito, non si trova più nulla. Se la condizione per aprire mercoledì è avere tutti i dispositivi indicati nelle direttive, sicuramente non ce la facciamo”. Sono ore febbrili negli istituti scolastici genovesi rimasti chiusi agli studenti un’intera settimana per l’emergenza coronavirus e obbligati a mettersi in riga coi dettami ministeriali in un massimo di 48 ore. Servono dispenser di gel disinfettante per le mani da installare “fuori dalle aule”, ha precisato ieri in conferenza stampa il governatore Giovanni Toti. Di fatto, però, quasi nessuno si era allineato e così la Regione ha concesso due giorni di extra time per adeguarsi. Ma non è detto che bastino.
“In queste ore ci stiamo rivolgendo a diversi grossisti, ma i prodotti non ci sono – spiega Angelo Capizzi, dirigente dell’istituto Bergese e rappresentante genovese dell’associazione nazionale presidi -. I fornitori accettano gli ordini ma non garantiscono la consegna in tempi brevi. Noi abbiamo acquistato alcuni dispenser, ma molti colleghi stanno verificando di persona e hanno difficoltà a reperire i presidi sanitari richiesti”. Quindi c’è il rischio che mercoledì non si possa aprire? “Non credo proprio”, taglia corto il preside.
Eppure la confusione regna sovrana. E ogni scuola, di fatto, sta cercando di interpretare le norme a modo suo. Anche perché, ben prima del decreto di domenica, a stabilire l’uso degli igienizzanti nei locali della pubblica amministrazione era una direttiva ministeriale del 26 febbraio (mercoledì scorso) che imponeva di “rendere disponibili nei propri locali, anche non aperti al pubblico, strumenti di facile utilizzo per l’igiene e la pulizia della cute, quali ad esempio dispensatori di disinfettante o antisettico per le mani, salviette asciugamano monouso nonché, qualora l’autorità sanitaria lo prescriva, guanti e mascherine per specifiche attività lavorative”. Nonostante questo nessuno o quasi ha giocato d’anticipo.
Ora i punti da chiarire sono tanti. Anzitutto: quanti dispenser vanno acquistati? Come ne viene regolamentato l’uso? Il decreto emesso domenica parla solo di “soluzioni disinfettanti per il lavaggio delle mani” e non specifica altro. Il preside dell’istituto nautico San Giorgio, Paolo Fasce, si è portato avanti la settimana scorsa e ha già fatto installare nei bagni distributori di sapone igienizzante.
Basterà così? La collega dell’istituto comprensivo Terralba, Luisa Giordani, preferisce abbondare: “Ne servirebbe almeno uno per aula, quindi minimo 64, abbiamo in tutto 1.450 studenti. Per fortuna nei giorni scorsi abbiamo comprato almeno del sapone, ma i disinfettanti non si trovano, la difficoltà è concreta”.
C’è chi, insomma, sta provando a interpretare alla lettera ciò che ha comunicato la Regione. “Ma non c’è scritto da nessuna parte che debba esserci un dispenser in tutte le aule, in una scuola mediamente una decina dovrebbe bastare”, ribatte Capizzi. Al liceo D’Oria, per esempio la preside Mariaurelia Viotti ha ordinato un dispenser per ognuno dei cinque piani dell’istituto, e a controllare che i ragazzi si igienizzino le mani all’entrata saranno i bidelli stessi. “Il problema è che un dispenser dura al massimo uno o due giorni, quindi andranno subito rimpiazzati e questo sarà un problema economico per le scuole, soprattutto gli istituti comprensivi”, osserva l’associazione dei dirigenti scolastici.
Appunto, i soldi. Un singolo dispenser usa e getta costa circa 10 euro: immaginate cosa significa moltiplicarlo per le aule di un istituto, per diverse settimane. Una struttura fissa con ricarica si aggira invece sui 40 euro. Ma non mancano casi di sciacallaggio denunciati in queste ore da alcuni dirigenti. Alla scuola Merello un grossista ha proposto in preventivo “cinque litri di soluzione idroalcolica a 290 euro. È scandaloso“, denuncia la preside.
Impossibile fare acquisti su negozi online come Amazon, dove la scelta è più ampia in termini di varietà e prezzi, perché la maggior parte non rilascia fattura elettronica. Per giunta la situazione finanziaria di alcuni istituti è ulteriormente aggravata dallo stop ai viaggi d’istruzione, con caparre già versate e penali da pagare in caso di annullamento.
L’aspetto positivo è che durante la settimana di sospensione didattica (“Non è vero che le scuole erano chiuse, il personale c’era”, rimarca Capizzi) le scuole sono state completamente tirate a lucido. È stata cioè eseguita la “sanificazione” degli ambienti, una pulizia approfondita che comunque, assicurano i dirigenti, viene programmata regolarmente nel corso dell’anno anche senza emergenze sanitarie.
“La prima cosa che ho fatto stamattina è stata un ordine di servizio molto dettagliato ai collaboratori scolastici perché igienizzino tutti i locali della scuola, ma questo lavoro è stato ampiamente svolto durante tutta la settimana”, ribadisce la preside del D’Oria. Negli atri e nei bagni sono già stati affissi i cartelli con le indicazioni del ministero e i consigli per lavarsi correttamente le mani.
Le prossime ore serviranno a fare il punto della situazione tra i presidi e l’Ufficio scolastico regionale. Nell’ambiente gira voce che la chiusura agli studenti potrebbe anche estendersi oltre la giornata di martedì, visto che ben pochi istituti riusciranno a mettersi in regola. Meno male che qualcuno vede il bicchiere mezzo pieno. “Almeno questa sarà l’occasione per insegnare ai bambini un po’ di igiene – osserva la preside Giordani – e quelle norme che dovremmo rispettare sempre, anche per proteggerci dalla normale influenza”.