Genova. Cancellate tutte le crociere, traghetti per le isole attivi ma semivuoti, divieto assoluto di imbarcarsi per il Nord Africa. L’emergenza coronavirus si abbatte pesantemente sul traffico passeggeri del porto di Genova per effetto dei decreti del Governo che limitano gli spostamenti e non contemplano, com’è ovvio, il turismo tra le ragioni valide per mettersi in viaggio.
La situazione è diventata subito allarmante per Stazioni Marittime, la società a capitale misto che gestisce le banchine e i terminal dei traghetti e delle crociere nel bacino del porto vecchio. La riduzione dei traffici che l’azienda stima su base annuale è già del 50%. Che vorrebbe dire, in termini assoluti, perdere più di 1 milione e mezzo di passeggeri sui 3 milioni e mezzo rilevati nel 2019 tra cruise e ferry.
Al momento sono soppressi tutti i viaggi delle crociere da qui alla fine di aprile. La prima a muoversi in tal senso era stata Msc, che il 10 marzo ha bloccato la ripartenza della sua Opera prendendo atto del fatto che gli italiani (che rappresentano comunque la maggiore fetta di mercato in questo periodo) non avrebbero potuto imbarcarsi in base alle disposizioni del Governo.
La nave è ancora ferma nel porto di Genova perché si candida a diventare una sorta di ospedale galleggiante per i pazienti in quarantena. Dopo la compagnia di Gianluigi Aponte anche Costa Crociere ha optato per lo stop totale, ufficialmente fino al 3 aprile, ma a Stazioni Marittime non risultano più toccate in programma per l’intero mese a venire.
Restano in funzione i traghetti verso la Sardegna e la Sicilia, indispensabili per garantire la continuità territoriale, ma l’imbarco è consentito ai soli residenti (e le fughe dei turisti vengono prontamente sanzionate, com’è accaduto pochi giorni fa). Si tratta in ogni caso di numeri irrilevanti per il bilancio finale. Le linee per il Marocco e la Tunisia lavorano come ro-ro per le merci e comunque a regime ridotto. In questo momento, insomma, dal porto di Genova transitano pochissime persone. Com’è normale che sia.
Ma le conseguenze in termini economici si preannunciano drammatiche. Da fonti interne all’ambiente trapela che Stazioni Marittime è pronta a mettere in cassa integrazione circa due terzi dei dipendenti (una quarantina sui 60 totali) alla fine di marzo. Già ora sono scattate le ferie per la maggior parte del personale, che rimane impiegato per garantire i servizi minimi essenziali. Del resto, con le banchine orfane delle navi Msc e Costa, il lavoro da fare è più che dimezzato.
Per capire il possibile impatto sulla città bisogna citare lo studio commissionato da Stazioni Marittime a Risposte Turismo alla fine del 2019: l’anno scorso traghetti e navi da crociera hanno prodotto una ricaduta diretta di almeno 108 milioni. Cifre destinate ovviamente a contrarsi se la tendenza rimarrà quella osservata in queste settimane.
Per quanto riguarda le merci, al di là delle tensioni ai terminal dovute alle questioni di sicurezza, al momento i numeri non evidenziano cali diversi da quelli imputabili al blocco della produzione in Cina. Ma a preoccupare è l’atteggiamento che alcune compagnie potrebbero assumere nei confronti dell’Italia e dell’Europa in generale se l’emergenza coronavirus dilagasse in maniera dirompente. Gli armatori esteri potrebbero decidere di bypassare i nostri porti, compreso quello di Genova, con ripercussioni gravi non solo sui traffici ma anche sugli approvvigionamenti del Nord Italia, messo già in ginocchio dalla serrata generale. La guerra, purtroppo, è appena iniziata.