Genova. Dopo l’allargamento della zona protetta a tutto il paese deciso dal governo, cresce la tensione e l’incertezza per le persone, catapultate in una realtà inedita e dai confini temporali incerti.
Strade deserte, bar e locali che hanno posizionato con il nastro adesivo le zone di sosta, a rigorosa distanza di un metro, le poche persone che si incontrano per strada non parlano d’altro che dell’emergenza mentre in moltissimi stanno seguendo le raccomandazione, chiudendosi letteralmente in casa. Quali sono e quali conseguenze avrà tutto questo per la salute mentale dei cittadini?
Genova24 ne ha parlato con Marco Vaggi, direttore della struttura complessa di Salute mentale della Asl 3.
“E’ evidente che questa esperienza, come tutte situazioni che non conosciamo, crea allarme nelle persone: in tutti e non solo in coloro che hanno pregressi disturbi” spiega Vaggi. Uno stato di ansia generalizzato “che tuttavia bisogna contrastare perché da un lato non è giustificato, dall’altro a lungo termine, se cioè l’emergenza durerà ancora parecchio, può avere conseguenze per la salute”.
Al momento la Asl3 non registra una crescita del numero di pazienti con ansie o altri disturbi legati all’emergenza: “Questo proprio perché siamo in una fase di emergenza che fa scattare nelle persone una sorta di reazione, i problemi sono a lungo termine senza contare l’aspetto – forse il più grave – delle conseguenze economiche di questa situazione che certamente avranno ripercussioni sulla vita e quindi sullo stato di salute delle persone”.
L’equipe del professor Vaggi, ha seguito e assistito i parenti delle vittime del ponte Morandi, ma anche gli sfollati e chi ha perso il lavoro e spiega: “L’onda lunga del ponte Morandi è arrivata per noi soprattutto con le persone che hanno perso la casa e il lavoro. E anche in questo caso bisognerà pensare in futuro a interventi mirati sui settori più danneggiati. Al momento ovviamente da un punto di vista della Asl3 la priorità resta quella di contenere il contagio e curare gli ammalati.
Per evitare gli stati d’ansia attuali abbiano conseguenza a lungo termine è importante, per il professor Vaggi, agire su tre livelli: “Quello che serve anzitutto è una corretta informazione, che consenta da un lato di dare un’idea esatta dei rischi ma anche dei comportamenti corretti da tenere e questo aiuta a riportare l’allarme su un piano razionale”. In secondo luogo occorre avere chiaro che ognuno di noi ha un ruolo da svolgere: “Tutti devono collaborare con stili di vita adeguati – spiega – in questi giorni ho sentito più volte chiamare ‘eroi’ i nostri sanitari e lo ritengo fuorviante perché questo è anche un modo per delegare la gestione dell’emergenza agli altri. E’ evidente che i sanitari fanno al meglio il loro lavoro ma questa partita ci deve render tutti responsabili, senza delegare a supereroi”.
Il terzo aspetto che può aiutare è quello di pensare che abbiamo passato altre emergenze e ne siamo usciti. E’ il lavoro che facciamo anche con i nostri pazienti e da questo punto di vista la nostra città è un ottimo esempio: ha passata un’emergenza che sembrava insormontabile due anni fa, mi riferisco ovviamente al crollo del ponte Morandi e ne è uscita anche grazie a quello che mi piace chiamare orgoglio civile”.
L’isolamento sociale può causare depressione? “Non credo visto che noi siamo perennemente iperconnessi, gli unici che rischiano l’isolamento sono gli anziani a cui occorre porre attenzione”.
Da un punto di vista psicologico quel che è importante in questo momento è “cercare di riportare al razionale quello che si può ancorandoci a questi aspetti e insieme imparare ad accettare che ci sono cose su cui non possiamo avere il controllo”.