Genova. Lo chiariamo subito: non abbiamo infranto la legge (fare cronaca è il nostro lavoro) e nessuno di noi ha messo piede in zona rossa. Abbiamo fatto tutto restando in automobile, abbassando il finestrino solo per pagare il pedaggio dell’autostrada. Per dimostrare un semplice dato di fatto: entrare e uscire dalla Liguria, nonostante il severissimo decreto varato dal governo Conte, è un gioco da ragazzi.
E pazienza se ci sono i divieti, pazienza se per passare il confine ci vogliono “comprovate esigenze lavorative” o motivi di salute, pazienza se il Viminale ha annunciato controlli della Polstrada ai caselli e consigliato a chi deve viaggiare per forza di munirsi di una apposita autocertificazione.
La prova sul campo si svolge nel primo lunedì dall’entrata in vigore del decreto. Partenza da Genova, città deserta, traffico ridotto ai minimi termini, raggiungere il casello di Genova Aeroporto è un attimo. Poi A26 verso Alessandria, ed è lì che vogliamo arrivare. Tra una riduzione di carreggiata e l’altra, tra una galleria chiusa e un viadotto ammalorato, oltrepassiamo anche Masone. È l’ultima uscita per restare in Liguria. Ora siamo obbligati a proseguire in territorio piemontese. Tra Rossiglione e Ovada passa il confine: siamo in zona rossa.
Un quarto d’ora scarso e si arriva all’uscita di Alessandria Sud. Subito dopo il casello c’è una pattuglia della polizia stradale, il personale a bordo osserva, ma nessuno ci ferma per chiedere documenti, o almeno il motivo del nostro arrivo. Facciamo un giro fino al centro città, sempre senza scendere dal veicolo, quindi torniamo indietro.
Al ritorno la musica è più o meno la stessa: i poliziotti stanno controllando un camioncino (quasi scontato che sia lì per ragioni di lavoro) e nel mentre noi passiamo sotto la barriera come un qualunque residente della zona rossa intenzionato a fuggire senza un buon motivo. Poi, a parte la pioggia decisamente fastidiosa, il ritorno a Genova procede sul velluto.
Qualcuno dirà che abbiamo scoperto l’acqua calda. O che un servizio del genere non doveva essere fatto perché potrebbe spingere qualche cittadino poco coscienzioso a eludere i divieti sapendo che avrebbe vita facile. Tuttavia questa è la nuda realtà: a delimitare l’area in “quarantena” non ci sono barriere di sorta, e del resto sarebbe impensabile costruirle. Ma anche i controlli più agevoli, quelli all’entrata e all’uscita delle autostrade, ad oggi sono pura teoria. Almeno tra Liguria e Piemonte, dove non arrivano i riflettori nazionali che illuminano Milano.
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