Domande e risposte

Coronavirus, anche a Genova arriva il test sierologico (privato): cos’è, chi può farlo e quanto costa

Boom di richieste al Laboratorio Albaro, ma al momento non è previsto dalla sanità pubblica: ecco come funziona e a cosa serve

Genova. Si chiama “test sierologico” ed è un metodo già usato per altre malattie infettive (ad esempio il morbillo) che permette di capire se un paziente abbia sviluppato gli anticorpi specifici per un certo patogeno. Da alcuni giorni i kit di rilevazione sono disponibili anche per il coronavirus e da oggi in Liguria i cittadini possono farlo privatamente. Ma i costi sono tutt’altro che popolari. Uniche eccezioni per ora gli operatori delle strutture sanitarie, i pazienti ricoverati e gli ospiti delle rsa: Alisa ha pubblicato un bando in scadenza il 25 marzo rivolto a laboratori che possono eseguire le analisi.

A Genova il test sierologico si può fare al Laboratorio Albaro di via Boselli, una struttura privata diretta da Giovanni Melioli che in passato è stato a capo del laboratorio di analisi dell’ospedale Gaslini. A lui e alla area operation manager di Alliance Medical Italia Elisabetta Grillo, che gestisce il centro diagnostico, abbiamo chiesto di rispondere a qualche interrogativo nella prima giornata della sperimentazione che ha visto già centinaia di richieste telefoniche, non sempre pertinenti.

Che cos’è un test sierologico? Come funziona?
È un test effettuato sul siero, quindi un derivato del sangue. Prevede che venga effettuato un prelievo al paziente e su questo siero vengono cercati gli anticorpi diretti contro virus, batteri, tutto quello che vogliamo. Le analisi ci consentono di trovare due popolazioni di anticorpi: i più precoci, che si chiamano IGM ed escono dopo una settimana o dieci giorni, e quelli più tardivi, detti IGG, che si presentano dopo 15-20 giorni

È possibile capire da un semplice prelievo di sangue se si è positivi al coronavirus?
È possibile perché la sierologia ha sempre funzionato per il morbillo, la rosolia, la parotite e quindi funziona anche per il coronavirus.

Perché si apre solo ora a questi test? E perché le autorità sanitarie finora hanno avuto molte perplessità?
Cock per dimostrare che il bacillo della tubercolosi causava la malattia ci ha messo dieci anni. Quando è arrivato il virus dell’Aids, per avere un test sierologico funzionante, ci abbiamo messo un anno. Per questo ci abbiamo messo circa due mesi perché i tempi di reazione dell’industria e della ricerca si sono molto accorciati rispetto al passato. Inoltre questo è uno dei primi casi in cui gli enti governativi e la stessa Oms chiedono che venga eseguita la ricerca diretta del patogeno. La ricerca degli anticorpi ha assunto secondaria importanza soprattutto per la gestione del paziente ospedalizzato, ma diventa fondamentale per stabilire se a distanza di tre o quattro settimane il paziente potrebbe essere immunizzato.

Dopo il test cosa succede?
Il test viene effettuato in mattinata o al pomeriggio. Se si fa in mattinata il risultato viene recapitato entro le 14, altrimenti inviamo il risultato sul nostro portale e il paziente può girarlo al medico.

Qual è la percentuale di errore?
È complesso. Se prendiamo quattro virologi e ci mettiamo a discutere litighiamo per una giornata. Errore può significare che il paziente ha sviluppato anticorpi e noi non li vediamo, o che il paziente ha subito il prelievo troppo presto. Campioni di sangue prelevati prima dell’era Covid-19 sono tutti negativi. Se ripetiamo il test sullo stesso campione più di una volta viene preciso al secondo decimale. Se il campione lo raccogliamo nel momento sbagliato, ad esempio all’indomani del contatto, il paziente non si può trovare positivo perché non ha sviluppato difese immunitarie. Bisogna aspettare almeno una settimana o dieci giorni, come peraltro ci insegna la virologia scolastica.

Quindi bisogna ripeterlo due volte per essere certi?
Il tampone ha il problema del campionamento: le cellule che raccolgo potrebbero non contenere il virus o solo una quantità borderline. In questo caso, invece, il prelievo può essere ripetuto, se è stato fatto troppo presto, a distanza di tre settimane.

Chiunque può venire in laboratorio e chiedere un test?
No. Il prelievo si fa solo su appuntamento e a domicilio. Abbiamo una prescrizione di Alisa, a prescindere da Covid-19, che ci impone di fare qui solo esami su appuntamento o esami urgenti. Abbiamo deciso con tutto lo staff di eseguire solo test a domicilio per seguire il più possibile le disposizioni ed evitare di mettere in giro persone della città.

Chi ne ha diritto? Con quali modalità?
È necessaria la prescrizione del medico curante o dello specialista o dell’igienista per sospetta infezione da Covid-19. Purtroppo è totalmente a discrezione del medico, che si fida di ciò che dice il paziente. Essendoci molta paura capita che i sintomi vengano largamente esasperati. I pochi test fatti ad oggi hanno dato risultati interessanti.

Quanto costa il test?
Costa 100 euro, abbiamo cercato di tenere un prezzo più calmierato possibile. Purtroppo il kit costa otto volte un test normale. C’è anche il costo del medico prelevatore che fa un esame più a rischio del solito

La prestazione è tutta a carico del paziente?
La nostra è una struttura privata e non ha convenzioni col pubblico. Ci sono alcuni fondi assicurativi che coprono il costo di questo test del tutto o in parte. L’ente pubblico poi si potrà organizzare per inserirlo all’interno dei Lea.

Insomma è solo un test per ricchi?
Sì e no. L’azienda ha messo un prezzo assolutamente di mercato. Sicuramente tanti non si possono permettere di pagare 100 euro: ci auguriamo che presto questo esame venga riconosciuto dal servizio sanitario nazionale.

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