Genova. In verità ce lo siamo chiesti tutti appena abbiamo letto il decreto firmato da Conte lo scorso 4 marzo: ma davvero ci sarà chi farà rispettare la distanza di un metro tra le persone per limitare il contagio da coronavirus?
Il banco di prova ce l’ha offerto il primo venerdì sera nel centro storico di Genova, dove la movida si è svolta esattamente come sempre. Piazza delle Erbe bella piena, vicoli gremiti, tutti ammassati gomito a gomito, la calca davanti ai locali all’una di notte, le solite chiamate dei residenti alla municipale per gli schiamazzi molesti.
A raccontarlo sono le foto raccolte su Facebook dalla pagina Cresciuti Disagiati, e prima ancora da Alessio Morando che ha pubblicato una carrellata di storie Instagram per denunciare esattamente questo: mentre le discoteche chiudono perché è vietato ballare a stretto contatto col prossimo, nei vicoli la vita continua come sempre in barba alle raccomandazioni degli esperti trascritte nero su bianco in un provvedimento con forza di legge.
Il tema tuttavia rischia di essere più spinoso del previsto. Nel decreto si dice che “sono sospese le manifestazioni, gli eventi e gli spettacoli di qualsiasi natura, ivi inclusi quelli cinematografici e teatrali, svolti in ogni luogo, sia pubblico sia privato, che comportano affollamento di persone tale da non consentire il rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro“. Ma una misura del genere da sola basterebbe a impedire la movida sul suolo pubblico?
In base a questa formulazione le discoteche hanno deciso di chiudere sperando di rifarsi nella stagione estiva. Contemporaneamente alcuni bar si sono trasformati in piste da ballo dove la norma del metro di distanza è ampiamente trascurata. I cinema e i teatri hanno dovuto stravolgere la loro organizzazione. Negli uffici postali la tensione è salita alle stelle quando decine di anziani in attesa di ritirare la pensione sono rimasti fuori al freddo perché le nuove regole impediscono il sovraffollamento. E così via.
Ma allora, si chiedono in tanti, che senso hanno queste disposizioni al limite del surreale se poi nelle vie della città nessuno può impedire a centinaia di giovani di ammassarsi come hanno sempre fatto? Forse è una banale questione di senso civico? Oppure torneremo a vedere forze dell’ordine che pattuglieranno la città per impedire gli assembramenti, come accadeva un secolo fa quando il clima era tutt’altro che democratico? Abbiamo provato a parlarne con chi è responsabile della sicurezza in città, ma per ora non abbiamo ricevuto risposte.