La manifestazione

Coronavirus, la comunità cinese in piazza: “Siamo quelli di sempre, no a paure ingiustificate” fotogallery

Presenze a picco nei ristoranti e nei negozi: "Un danno per noi ma anche per i nostri fornitori"

Genova. “Sono quello di sempre, non sono un virus”. Con questo slogan oggi la comunità cinese ha manifestato per la prima volta in piazza a Genova per dire no alla fobia di fronte al coronavirus che in queste settimane ha svuotato ristoranti e negozi cinesi e provocato anche fenomeni di intolleranza.

“Io vivo a Genova da quasi 20 anni e da tre anni non torno in Cina – racconta Linn mentre regge lo striscione dell’associazione cinesi e italo cinesi della Regione Liguria in largo Pertini – qui gestisco un ristorante in centro e ora la clientela si è dimezzata. E molte persone, non tutte per fortuna, hanno paura e ti guardano da lontano come potessi infettarle”.

Un “crollo totale delle presenze che sta danneggiando ovviamente noi ma a cascata i nostri fornitori che sono per l’80% italiani” denuncia Giorgio Wong, portavoce della comunità cinese di Genova che conta 2500 persone, una novantina di ristoranti e altrettanti parrucchieri e negozi. “Per quanto riguarda la ristorazione sappiamo di cali tra il 50 e il 70%: ci sono locali che facevano 200-300 coperti al giorno e che ora si ritrovano più dipendenti che clienti” spiega.

Oltre al danno economico non sono mancati anche a Genova episodi di intolleranza e bullismo soprattutto nelle scuole. “Mi figlia ha avuto ripercussioni a scuola – dice Chian che vive in Italia da 18 anni – perché i bambini la chiamavano virus cinese, per fortuna le maestre sono molto brave e hanno spiegato ai bambini che mia figlia si chiama Valentina e le non c’entra niente con il virus che fra l’altro non è molto diverso da un’influenza”. Poi ci sono episodi che magari vogliono essere solo una battuta ma che in questo momento delicato per la comunità possono ferire profondamente: “Io sono dipendente in un ristorante italiano e ieri un mio cliente mi ha fatto la battuta chiamandomi virus cinese e questo mi ha fatto male al cuore perché io mi chiamo Chian e non sono un virus e gliel’ho detto”.

“Ai genovesi voglio dire che il mondo ha bisogno di amore non di fare differenze tra le persone in base al colore della pelle o altro. Siamo tutti esseri umani e poi il coronavirus non è mica colpa nostra, è una cosa che sembra caduta del cielo” dice Lina che è in Italia da 11 anni e gestisce un ristorante cinese. “Vorrei rassicurare i genovesi che il cibo che cuciniamo arriva da fornitori italiani, non dalla Cina” spiega. Anche lei rileva “un calo di presenze nel mio ristorante a Cornigliano ma per fortuna ho alcuni clienti storici che non mi hanno abbandonata, anzi mi fanno coraggio dicendomi di resistere che passerà questo momento” dice sorridendo di questa vicinanza.

Il fatto che oggi alla manifestazione a cui hanno partecipato circa 150 persone siano stati moltissimi gli italiani è molto apprezzato dalla comunità: “E’ un gesto di vicinanza che ci fa molto piacere” conclude il portavoce: “Vuol dire che i genovesi stanno con noi”.

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