Botta e risposta

Tutti pronti a salvare il Cap, ma è scontro duro tra il circolo e il senatore Biasotti

Rinviato al 5 febbraio il primo appuntamento con il giudice. La vendita all'asta dovrebbe essere scongiurata

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Genova. Il circolo Cap di via Albertazzi, unanimemente considerato patrimonio dell’intera città, verrà salvato in qualche modo. Il debito con Mps – formalmente in capo alla cooperativa il Promontorio che aveva messo un’ipoteca sulla sede – è di circa 600 mila euro, facilmente riducibile a poco più di 500 mila. Oggi sulla questione è intervenuto anche il sindaco di Genova Marco Bucci “Cerchiamo di capire meglio com’è la situazione – ha detto il sindaco – ovviamente il Comune non può aiutare direttamente un circolo privato ma possiamo creare le condizioni per facilitare la soluzione di problematiche finanziarie”. E se Tursi non può direttamente saldare il debito “ci sono anche altre strade che si possono intraprendere, come un fido a garanzia”.

Lo scontro in atto tra Alessandro Biasotti e il direttivo del circolo, in primis il suo presidente Danilo Oliva, è però durissimo. Lo dimostra la doppia conferenza stampa indetta per oggi a poche decine di metri di distanza.

Prima Biasotti che ha chiarito di voler agire per le vie legali contro Oliva: “Io ho sempre mantenuto gli impegni e in questa vicenda sono stato ricattato e non lo accetto. Io ho dato una mano pagando 187 mila euro ma non mi sono mai assunto l’impegno di pagare tutto il debito”. “Se lo è assunto eccome” replica il Cap in una conferenza stampa affollatissima che sembra più un’assemblea pubblica, e “ciò che ha fatto lo ha fatto solo per suo interesse perché tenere in vita la cooperativa per lui era indispensabile per poter vendere le aree a Esselunga”.

I fatti
Negli anni novanta la cooperativa edilizia il Promontorio (che aveva dentro diversi soci tra cui Legacoop, il circolo Cap e altri soggetti) aveva comprato tutta l’area di via di Francia dall’autorità portuale che viene sdemanializzata e venduta a lotti. Tra le aree la sede del Cap che viene inaugurata nel 2007 ma resta di proprietà del Promontorio per 7 anni in comodato d’uso al circolo, fino al 2014 quando viene acquistata. Già nel 2007 il Cap versa una prima grossa tranche per l’acquisto della palazzina (3 milioni e mezzo su 3 milioni e 800 mila euro). Il Cap poi nel 2014 al momento dell’acquisto dell’immobile si accorge che c’è un’ipoteca da 950 mila euro sulla sede perché il Promontorio non aveva saldato il debito con la banca.

“Perché Oliva non pretende quando firma l’atto notarile he l’immobile sia libero da ipoteche e si accolla il debito e perché non denuncia l’ex amministratore della cooperativa Gianfranco Molisani, che avrebbe acquistato un lotto dalla sua stessa cooperativa per rivenderlo a tre volte tanto?” si chiede Biasotti. La risposta a distanza arriva poco dopo: “Perché fino al 2014 eravamo in comodato d’uso e abbiamo temuto che una causa contro la cooperativa e un eventuale fallimento della stessa ci avrebbero fatto perdere questa sede – replica Oliva – E poi sì, ammettiamo di esserci “fidati” di Molisani, che era un compagno: su questo abbiamo sbagliato”.

Il Cap comincia a pagare le rate del mutuo, poi Biasotti nel 2016 tramite il Biasotti Group entra nella cooperativa il Promontorio da cui compra delle aree, quella dove costruisce la mega concessionaria con gli uffici e altre che poi vende a Esselunga.

Qui i racconti prima cominciano ad assumere sfumature diverse: “Ho versato 187 mila euro per dare una mano, come mi aveva chiesto Oliva anche perché era mio interesse che la cooperativa non fallisse” dice il senatore. “Biasotti non ha fatto alcuna beneficienza ma solo il suo interesse – dice Oliva – e i 187 mila euro erano la restituzione delle rate che noi avevamo versato nei due anni precedenti”.

Da qui le versioni divergono totalmente: “Io ho firmato una scrittura privata con cui sancivo il versamento dei 187 mila euro ma non c’è scritto che dovevo accollarmi tutto il debito della cooperativa. E perché se Oliva pensa il contrario ha fatto scadere la scrittura e non lo hanno mai detto a MPS?”. Il Cap mostra ai giornalisti uno stralcio di questa scrittura privata in cui il gruppo Biasotti “si impegna altresì a porre in essere entro il 31 dicembre 2017 ogni atto necessario a giungere all’estinzione del mutuo MPS” e comunque a porre in essere gli adempimenti necessari a evitare l’esecuzione forzata” e “a tenere indenne il Promontorio società cooperativa e il Porto e genova da ogni richiesta e/o azione che dovesse giungere da MPS”.

Quindi? Per il Cap la scrittura è chiara e “anche se fosse scaduta la scrittura l’impegno c’è stato – dice Oliva – e Biasotti ha chiarito solo in un incontro che ho avuto con lui il 4 dicembre che non voleva più avere a che fare con questa situazione”. Per Biasotti invece: “Non ho nessun debito con Oliva che mi accusa per sue mancanze e perché non è in grado di gestire il circolo e credo che a questo punto, se da un lato è importante salvare il Cap per quanto mi riguarda è obbligatoria un’azione di responsabilità nei confronti di Oliva”.

Biasotti si è anche offerto di pagare altri 100 mila euro acquistando degli oneri di urbanizzazione delle aree dalla cooperativa il Promontorio (secondo il Cap questi oneri sul mercato varrebbero qualcosa come un milione e mezzo di euro) e che consentirebbe, insieme a circa 230 mila euro di tesoretto che ha ancora la cooperativa, di ridurre il debito nei confronti di Mps a 200 mila euro che secondo il senatore il circolo potrebbe rateizzare senza problemi.
Per il Cap invece “noi ora non dobbiamo più niente a nessuno”, ma la novità di queste ore è che l’appuntamento con il giudice fallimentare che potrebbe avviare la messa all’asta del circolo è stato rinviato dal 24 gennaio al 5 febbraio. I legali del circolo chiederanno una sospensiva, ma anche se questa non venisse assegnata i tempi per una eventuale vendita dovrebbero essere piuttosto lunghi, consentendo quindi di trovare una soluzione. Intanto nei giorni scorsi la cooperativa il Promontorio, secondo quanto riferito da Oliva, ha inviato a Mps la scrittura privata da cui a detta dei portuali deriverebbe l’impegno del senatore.

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