Scenari

Regionali Liguria, la corsa al buio di Alice Salvatore aspettando il risultato dell’Emilia

Scelta come candidata dagli iscritti, in caso di alleanza col centrosinistra dovrà farsi da parte

Alice Salvatore

Genova. Inizia da Ponente, e per la precisione da Sanremo, la campagna elettorale di Alice Salvatore, fresca di investitura online come candidata presidente della Liguria per il Movimento 5 Stelle grazie a una cinquantina di voti di scarto su Silvia Malivindi, arrivata con lei al ballottaggio. Nel pomeriggio la consigliera incontra attivisti e simpatizzanti riprendendo il discorso lasciato aperto cinque anni fa, con la differenza che oggi l’avversario da battere è certo e che l’exploit di consenso del 2015 è ormai un lontano ricordo.

“Salvare la Liguria da Giovanni Toti”, ripete da qualche giorno la leader del Movimento in Liguria, giocando sapientemente col suo cognome. Compito che tuttavia potrebbe anche non toccare a lei. Perché, se è vero che la sua candidatura è blindata dal voto su Rousseau, è tuttavia palese che un’alleanza con altre forze politiche cambierebbe tutte le carte in tavola. Dal canto suo Alice Salvatore non vacilla: mai col Pd o con altri partiti, sì a eventuali patti con liste civiche. Ma è chiaro che non sarà lei a decidere, soprattutto ora che il suo principale sponsor a livello nazionale, il ministro Luigi Di Maio, non riveste più il ruolo di capo politico.

Che cosa succederà? Nessuno sarà in grado di dirlo prima del day after in Emilia-Romagna, lo snodo cruciale dal quale dipenderanno molte scelte politiche e non solo gli equilibri in Liguria. Appare scontato che una vittoria del centrodestra, come quella prospettata dai sondaggi, darebbe una forte spinta all’unione Pd-M5s intesa come unica soluzione per arginare lo strapotere della Lega che traina la coalizione di Toti. Tanto il centrosinistra quanto i grillini attendono il responso delle urne per la resa dei conti interna.

Dalle nostre parti i presupposti per l’alleanza sembrano esserci. Tutte le forze del campo progressista, a parte i renziani, vedono ormai di buon occhio il cromatismo giallo-rosso per evitare una sconfitta altrimenti certa. Il fronte possibilista, nella base e negli eletti pentastellati, si è conquistato gradualmente la maggioranza a dispetto delle linee ufficiali. L’uscita di scena di Di Maio, sostituito dal reggente Crimi, riconsegna la leadership de facto alla coppia Grillo-Casaleggio, la stessa che ha spinto per la nascita del Conte bis in tandem con gli ex giurati nemici. All’interno del Movimento c’è anche chi suggerisce che l’ipotesi possa essere messa ai voti su Rousseau, come accaduto in Umbria, ma in questo caso – vista comunque la maggioranza online ottenuta da Salvatore – la strada potrebbe diventare insidiosa per i sostenitori della coalizione allargata. Ed è per questo che converrebbe saltarla a piè pari.

Il 27 gennaio, insomma, inizierà la settimana decisiva. Impensabile aspettare gli stati generali del Movimento previsti a marzo: il Pd e i suoi alleati pretendono una risposta in tempi rapidi visto che ad oggi il dialogo ufficiale non è ancora stato avviato. Il vero nodo, una volta concordato l’eventuale matrimonio, sarà quello del candidato che dovrà piacere a tutti. Massardo? Sansa? Comanducci? Tra le fila della segreteria dem, capeggiata ora da Simone Farello, c’è chi pronto a giurare: “Non sarà nessuno di quelli circolati finora, tutti i nomi usciti sono già bruciati”. E Alice Salvatore? Se i suoi vertici la ‘tradiranno’ ritirandole la candidatura, possibilità prevista dal regolamento delle Regionarie, potrebbe fare un doppio passo indietro. Rinunciare, cioè, anche al posto da consigliera.

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