Genova. Antonino Galatà, ex amministratore delegato di Spea, già indagato per il crollo del ponte Morandi, indagato anche nell’ambito dell’inchiesta sui falsi report sui viadotti “si è fatto promotore di una politica aziendale volta a favorire gli interessi del gruppo Atlantia determinando per anni da un lato il ritardo e le omissioni delle varie attività necessarie al fine di consentire adeguate attività di sorveglianza sulle opere d’arte e dall’altro la sistematica falsificazione dei verbali delle relazioni trimestrali”.
L’ex ad, era stato temporaneamente spostato in Aspi e poi sospeso da ogni incarico anche per “avere sottoscritto il 28 settembre con gli avvocati Andreano e Freddi un contratto avente per oggetto attività diretta a prevenire intercettazioni presso gli uffici aziendali, nonché attività di bonifica dei pc e di installazione di disturbatori delle intercettazioni da parte degli inquirenti”. Come noto i legali sono indagati per aver fornito ai dipendenti di Spea dei dispositivi Jammer utilizzati per impedire le intercettazioni da parte degli investigatori della guardia di finanza.
Rispetto ai mancati controlli, dalle carte del Riesame emerge un altro importante elemento che dimostra, una volta di più come i manager indagati abbiamo volontariamente omesso i controlli. Si tratta di una relazione del Rina del 21 gennaio 2019. Nella relazione viene spiegato come Spea engineering avesse chiesto al Rina una valutazione su 17 opere d’arte in concessione ad Aspi. Spea tuttavia aveva spiegato che “senza usare i by-bridge, piattaforme speciali con un braccio in negativo che consentono di arrivare nella parte inferiore di una porzione di viadotto, la valutazione “non si reputa efficace”.