Genova. Da Cappussetto Rosso a Çenela, da Giancaneie a Ramponsin. Alcune le distinguete subito dal titolo, per altre ci vuole un occhio un po’ più allenato. Del resto i titoli sono quelli che albergano nella tradizione popolare e nei ricordi d’infanzia di tutti noi: per la prima volta dodici favole dei fratelli di Grimm sono state tradotte in genovese e raccolte in un piccolo libro, E ciù belle Föe (le più belle favole), edito da De Ferrari, curato da Anselmo Roveda e Andrea Acquarone, e appena sbarcato nelle librerie della città. Oggi la presentazione ufficiale al pubblico, alle 17 alla locanda delle Favole in piazza del Ferro.
“Abbiamo scelto alcune delle fiabe più note così come trascritte dai fratelli Grimm proprio perché grazie alla loro fortuna presso le ultime generazioni sono conosciute dalla maggior parte della popolazione e questo permette, pure a chi non ha buona consuetudine con il genovese scritto, di sentirsi a proprio agio nel racconto potendo fare affidamento sulla memoria e sulla conoscenza di storie come Cenerentola, Cappuccetto Rosso o Pollicino”, spiega Anselmo Roveda, scrittore e giornalista esperto di folclore ligure.
Un’opera pensata anche per quei genitori e nonni che conoscono la lingua locale ma non sanno come trasmetterla efficacemente ai più piccoli. “In questo modo anche chi sa parlare in genovese ma non ha alcun supporto scritto ha un aiuto per accompagnare la lettura. È qualcosa che mancava”, racconta Andrea Acquarone, economista, giornalista e presidente dell’associazione “Che l’Inse!”.
E così le storie più popolari dell’immaginario comune prendono vita coi suoni più veraci del nostro territorio: lupi cattivi, streghe, principi e personaggi fantastici parlano in genovese e lo fanno senza parodie, rispettando lo stile tipico del racconto per bambini. “Gh’ea unna vòtta unna figgetta doçe…”, esordisce il racconto di Cappuccetto Rosso, del tutto fedele all’originale. A volte le traduzioni dei titoli hanno richiesto qualche sforzo di fantasia: allora Pollicino è diventato Menissin (letteralmente “pezzettino”), Raperonzolo è stato adattato come Ramponsin e Tremotino si è trasformato in Tremmaxillo.
“Nella traduzione in genovese abbiamo poi privilegiato un equilibrio tra accessibilità al vasto pubblico, prevalentemente italofono, e appropiatezza delle scelte lessicali in lingua genovese, confidando ancora una volta sulla notorietà e sulla pregressa conoscenza delle fiabe proposte”, spiega Roveda. Alle traduzioni hanno contribuito altri cultori del genovese scritto a vari livelli, come Stefano Lusito, Bruna Pedemonte, Fabio Canessa. L’opera è impreziosita da un saggio di Fiorenzo Toso, massimo esperto di dialetti liguri e ordinario all’università di Sassari, che a sua volta si è occupato di alcune favole del libro.