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Alluvioni lampo, non solo Fegino: ecco i 14 rii più pericolosi e dimenticati di Genova

Da Ponente a Levante, dalla Valbisagno alla Valpolcevera: la lista dei corsi d'acqua pronti a esplodere con un semplice acquazzone, ancora lontani dalla messa in sicurezza

alluvione Fegione

Genova. Due ore di pioggia battente, il terreno che non assorbe più nulla, l’acqua limacciosa che gorgoglia strozzata tra la strada e i capannoni industriali, e poi giù, fuori dagli argini, fino a formare un lago nel punto più basso. Il caso di Fegino, teatro il 23 novembre di un’alluvione-lampo pressoché unica a fronte di una miriade di frane, potrebbe ripetersi altrove. Sono almeno quattordici i corsi d’acqua ritenuti pericolosi che ancora non hanno visto partire lavori di messa in sicurezza.

Partiamo dall’estremo Ponente cittadino. La situazione che desta maggiore preoccupazione è quella del Cerusa, che in realtà è ben più di un rio. Nella vallata alle spalle di Voltri l’ultima alluvione è arrivata nel 2014. Da allora non è stato eseguito alcun intervento di rilievo. “È il torrente più industriale del nostro territorio – spiega Claudio Chiarotti, presidente del municipio – perché un tempo era ricco di chiuse che raccoglievano l’acqua al servizio delle cartiere. Negli anni le fabbriche hanno chiuso e le piene hanno portato via tutto, ma il comportamento del Cerusa era stato già modificato. Obiettivamente non ci lascia tranquilli”.

via delle fabbriche

Nel piano triennale dei lavori pubblici risultano 1,8 milioni per la messa in sicurezza. “Quei soldi sono stati stralciati – sostiene Chiarotti – e ora sono disponibili solo 200mila euro per l’adeguamento della passerella pedonale davanti alla centrale elettrica”. Tutti gli altri rii risultano sistemati dal punto di vista idraulico, ma a impensierire è sempre il loro stato di manutenzione.

Spostandoci verso il centro è Sestri Ponente la zona più critica. Qui sono almeno tre i corsi d’acqua pronti a esplodere tra le case in condizioni di pioggia intensa e terreno saturo: il Ruscarolo (esondato lo scorso novembre insieme al Fegino), il Molinassi e il Cantarena. I soldi per metterli in sicurezza sono tutti compresi nei 480 milioni per il ribaltamento di Fincantieri che dovrebbero rientrare – salvo sorprese – nell’emendamento alla legge di bilancio. I lavori prevedono sia la sistemazione idraulica dei tratti scoperti nel centro abitato sia opere di inalveamento, in pratica piccoli canali scolmatori che deviano la piena direttamente in mare. Una parte, 65 milioni, è già stata finanziata dall’Autorità portuale. In tutti i casi, però, i cantieri devono ancora partire. Mentre il Chiaravagna, col rifacimento del ‘ponte obliquo’, potrà dirsi a breve completamente disinnescato.

alluvione Fegione

In Valpolcevera la vera ‘bomba’ è certamente il rio Fegino. I primi due lotti della messa in sicurezza sono stati completati, ma nel tratto che costeggia via Borzoli il pericolo di esondazione è elevatissimo, come hanno confermato gli ultimi eventi. Il Comune aveva accantonato 2,9 milioni, mentre i 3,5 del piano Italia Sicura sono misteriosamente spariti, a quanto pare per mano dell’ex ministro Costa che ha demolito la struttura creata dal governo Renzi. Mancherebbero comunque 1,2 milioni che l’assessore comunale Pietro Piciocchi si è impegnato a trovare nel minor tempo possibile.

Generica

Altra criticità mai risolta è quella di Teglia, dove via Carnia quest’anno si è allagata ben due volte per colpa del rio Rondinella, un minuscolo affluente del Polcevera che tracima praticamente a ogni temporale. “Verrà subito sistemato coi soldi delle somme urgenze”, assicura il presidente del municipio Federico Romeo.

Via Piombelli, frana a rischio

Nessuna soluzione all’orizzonte, invece, per il rio Maltempo a Certosa, un rigagnolo che si incanala tra i palazzi di via Piombelli e che ora è pure minacciato da una frana: anni fa era ‘esploso’ sotto un condominio allagandone i fondi. Nella bassa vallata – ricompresa in realtà nel municipio Centro Ovest – ha dato più di un grattacapo il rio Pellegrini (detto anche Campasso) – che dovrebbe confluire nel Polcevera attraverso uno scolmatore spesso otturato da detriti.

La zona col maggior numero di corsi d’acqua dimenticati è la Valbisagno. Ancora fuori dai finanziamenti, secondo quanto ricostruito dal presidente del municipio Roberto D’Avolio, ci sono il rio Cicala a San Gottardo, il rio Olmo a Molassana, il rio Consigliere e il rio Ruinà a Struppa. Solo per gli ultimi due servirebbero 8 milioni di euro. Sulle colline della bassa valle fanno molta paura gli affluenti del Fereggiano che non possono beneficiare degli effetti dello scolmatore. In particolare i due rami principali, Finocchiara e Molinetto, presentano ancora numerose criticità.

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Per il primo, sovrastato dall’ex cava Italcementi che funge da invaso d’acqua artificiale a rischio di tracimazione, sono in corso di aggiudicazione i lavori per le briglie selettive e la demolizione di fabbricati abusivi (in tutto 420mila euro), per il secondo non ci sono al momento interventi previsti. Nella zona di San Fruttuoso dovrebbero terminare nel giro di un anno i cantieri del rio Rovare e del rio Noce, che si raccorderanno allo sbocco del Fereggiano in corso Italia.

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Meno drammatico lo scenario del Levante, dove esiste però una piaga storica: quella del rio Chiappeto-Vernazza, letteralmente esploso in via Pontetti nel 2011 e nel 2014 inondando i piani bassi delle case. La storia del canale scolmatore per scongiurarne le alluvioni è da manuale di fallimento amministrativo. Ora l’iter è finalmente sbloccato, a gennaio sarà bandita la gara, ad aprile inizieranno i lavori. Quanto dureranno? Circa quattro anni, come spiegato dai tecnici del Comune in una recente assemblea pubblica a Sturla, anche se l’opera potrà garantire la piena efficienza con un po’ di anticipo. Costo totale 16 milioni, comprensivi di sistemazione del torrente principale, già finanziati ma lasciati a impolverarsi da anni nelle casse pubbliche.

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