Ipotesi

Ponte Morandi, la telefonata tra gli indagati: “Se ha mollato il cassone…”, “Siamo deboli, lì non potevamo fare ispezioni”

I dettagli di un'intercettazione nell'ambito dell'inchiesta sui falsi report

Il ponte Morandi nel marzo del 2018

Genova. “Perché che cosa può essere successo? Può essere successo che, ad un certo punto, il cassone comprimeva e ad un certo punto ha mollato!”. A parlare è Carlo Casini, responsabile della sorveglianza dell’Utsa Genova dal 2009 al 2015, uno degli indagati nell’inchiesta della procura di Genova sui falsi report dei viadotti autostradali e anche su quella sul crollo vero e proprio. Questa frase, riportata dall’agenzia Ansa, è stata intercettata dagli investigatori. Casini è al telefono con Marco Vezil, tecnico di Spea, altro indagato nelle due inchieste, e prova a fare alcune ipotesi sul crollo.

Casini ipotizza: “…O che il cassone ha mollato, perché metti che le campane, metti la sfiga che sulle campane ci percolava dell’acqua che entra in soletta, te l’hanno corroso, vuuum (simula a voce il rumore del crollo del ponte) ha mollato subito, mollando subito è venuto giù perché… certo che se effettivamente… lo strallo… perché che cosa può essere successo?”.

Vezil risponde: “però lì siamo deboli perché non andavano, nel cassone…”. E Casini conferma: “non
potevano andarci”, riferendosi agli ispettori di Spea, un riferimento alle mancate ispezioni ai cassoni che non sarebbero avvenute dal 2013 e che sono nel mirino della procura.

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