Reportage

Abbiamo deciso di prendere un autobus da Prato a Brignole in ora di punta

Abbiamo sperimentato l'odissea quotidiana di chi si muove in Valbisagno col trasporto pubblico. Tra ritardi estenuanti, disservizi cronici e progetti per il futuro che si scontrano con altri interessi

Genova. Dieci chilometri e settecento metri. È la distanza su strada che separa Prato, al confine col comune di Bargagli, dalla stazione Brignole, porta d’ingresso al centro della città. Nel mezzo c’è un bacino d’utenza di circa 200mila persone che ogni giorno si spostano, su e giù lungo la Valbisagno, tramite l’unica infrastruttura esistente: l’asfalto. E mentre il futuro del trasporto pubblico è tornato nell’incertezza, con un piano della mobilità sostenibile che rischia di rimanere orfano di finanziamenti, noi siamo andati a toccare con mano. Per capire davvero cosa vivono i cittadini sulla loro pelle e cosa chiedono a chi li amministra.

DI PRIMO MATTINO. Il nostro viaggio inizia a Pian Martello, capolinea del 13 e del 14, le due linee Amt che percorrono l’intera Val Bisagno in sponda destra, quella più densamente abitata. Una arriva a Caricamento – come il vecchio tram – e l’altra a Brignole. Ci facciamo accompagnare dal presidente del municipio Roberto D’Avolio insieme all’assessore alla mobilità Lucina Torretta. Saliamo sul 14 e partiamo alle 7.17. “Puntualissimo, in perfetto orario. Il problema è quando, a causa del traffico, non vengono rispettate le frequenze”, commenta D’Avolio. La pioggia di questa mattina di certo non ci sarà d’aiuto.

UN LUNGO VIAGGIO. Alla seconda fermata sale una signora. Ha il fiatone. “Il 479 stamattina ha anticipato la partenza, me la son fatta di corsa”. La giornata di lavoro non è iniziata bene per Roberta. Ma dove va a quest’ora tanto di fretta? “Agli Erzelli. Abito in via Trossarelli, mi alzo alle sei meno un quarto. Stamattina sono già in ritardo, rischio di perdere il treno”. Due autobus, poi la ferrovia fino a Sestri Ponente e da lì un altro mezzo su gomma per salire in cima alla collina. “Diciamo che arrivo alle 9.10. Sono due ore di viaggio ad andare e due ore a tornare. Quattro ore tutti i giorni. Non mi dica niente”. Mai pensato a un’alternativa? “No, perché quando vado in macchina non risparmio tempo. Qui trovo coda, in lungomare Canepa trovo coda, all’andata ma soprattutto al ritorno. Almeno il treno ha orari abbastanza attendibili”. Cosa c’è nel libro dei sogni? “Arrivare a Brignole in tempi certi. L’altra sera alle cinque e venti ero a Brignole, sono arrivata qui alle sei e cinque. E ho perso l’autobus che volevo prendere per tornare a casa. Ormai è impossibile viaggiare”.

BUS? NO GRAZIE. Chi invece è già pronto ad abbandonare il mezzo pubblico sono i ragazzi che vanno a scuola. “Io sto prendendo la patente per la moto, appena posso cambio”, ci spiega un 18enne. Molti frequentano le superiori: Firpo, Pertini, D’Oria. Ma anche il Majorana nella vicina Molassana. In tutto “almeno un migliaio di studenti” su questa sponda, dice il presidente del municipio. “Arrivare in ritardo per colpa dell’autobus? Ci succede quasi sempre”. Nemmeno gli amministratori del territorio, che reclamano un trasporto pubblico migliore, sono disposti a sacrificarsi per dare l’esempio: “Io di solito mi muovo in scooter perché è più veloce – ammette D’Avolio – ma a volte mi capita di prendere i mezzi pubblici, soprattutto per andare in centro”. E l’assessore alla mobilità? “Io uso prevalentemente l’auto. Però abito a Pino Soprano, da noi le collinari funzionano molto bene”.

SOGNANDO IL TRAM. Sono circa le sette e mezza quando entriamo a Molassana. “Tutta questa zona potrebbe essere soggetta al percorso della tranvia – commenta il presidente – che dovrà essere sulla sponda destra, perché qui abbiamo il bacino d’utenza maggiore, anche se in sponda sinistra abbiamo molte attività produttive con aziende di un certo livello che hanno molti dipendenti. Da questo punto in poi serve senz’altro un asse protetto perché inizia il problema del traffico”. Una corsia riservata insomma, a prescindere dalla tecnologia utilizzata, che però non trova spazio sulla strada esistente. A meno che non si accettino misure drastiche: eliminare parcheggi o chiudere al traffico privato. Ipotesi che hanno sempre fatto insorgere i comitati. “Bisogna ascoltare tutti – dice D’Avolio – per avere un progetto il più condiviso possibile, ma per incentivare il trasporto pubblico bisogna per forza disincentivare quello privato. Il tram potrebbe passare anche su via Emilia e non per forza all’interno di San Gottardo”. Intanto il 14 è già pieno. Studenti, lavoratori, pensionati. Una rappresentazione trasversale e democratica del disagio viaggiante.

NELL’IMBUTO. Superato l’abitato di San Gottardo, in cui la strada si sdoppia e il traffico scorre su ciascuna a senso unico, si entra nel vero imbuto. Via Piacenza ha solo due corsie e una stretta fila di parcheggi. Si procede a passo d’uomo. Inizia il calvario. Dall’altra parte del Bisagno la situazione non è molto diversa, complici gli eterni cantieri nella zona di piazza Adriatico. Per alcuni è una vera avventura: “A volte ci metto tre ore per andare al lavoro in Albaro”, assicura Luisella. “Io devo andare in via Fieschi. Di solito vado in scooter, in 20 minuti al massimo ci arrivo. Purtroppo stamattina piove e sono costretto a prendere l’autobus e ci metterò 50 minuti – spiega Maurizio -. Certo che se ci fosse un mezzo pubblico più veloce mi convertirei, però ne sento parlare da quando andavo alle superiori”. A bordo troviamo le idee più disparate. “Il massimo sarebbe la metropolitana”, sorride un signore. “A me basterebbe che i bus non si guastassero e fossero più puliti”, si lamenta Concetta. Altri ricordano il progetto di una “monorotaia sopra il torrente”. Oggi lo Skytram è un progetto nero su bianco nel Pums, ma nessuno ha ancora chiesto finanziamenti per realizzarlo.

VOGLIO MA NON POSSO. “Noi però siamo convinti che si possa realizzare un trasporto veloce su asse protetto senza andare in sopraelevazione – rilancia D’Avolio – Anzi, l’ideale sarebbe che comunicasse direttamente con la metropolitana. L’importante è che il tempo di percorrenza Prato-Brignole non superi i 35 minuti. È lo stesso ragionamento che ha fatto Bologna, una città che dal 1963 non ha più il tram ma che nel 2025 inaugurerà la prima linea su ferro. Il filobus, senza asse protetto, non cambierebbe nulla”. Alle 7.50 arriviamo alle Gavette: in più di mezz’ora abbiamo percorso mezza Valbisagno. “Con un sistema efficiente a quest’ora saremmo già a Brignole”. Ma i cittadini sarebbero disposti a subire limitazioni al traffico privato? “Non lo so, certamente per combattere l’inquinamento sarà necessario chiudere qualcosa, ma si dovrebbero trovare alternative”, dice Maurizio, lo scooterista salito a Molassana. “Il tram sul Bisagno? Non sono d’accordo. Sulla strada? Nemmeno. E le macchine poi dove le facciamo passare?”, osserva un’altra Roberta che prende il 14 per poche fermate. “Purtroppo in questo tratto sarà inevitabile la sede promiscua”, si rassegna D’Avolio. Anche perché sulla strada ci sono numerose intersezioni con viabilità collinari. Altri progetti immaginavano il passaggio del tram (o filobus) in sponda sinistra dove non c’è abbastanza spazio. Ma sul torrente non ci sono passerelle pedonali a sufficienza.

VERSO LA META. Da Staglieno in poi il bus imbocca la corsia preferenziale. Finalmente si viaggia, giù verso via Bobbio e via Canevari, dove la sezione è più larga e ci stanno tutti: mezzi pubblici, parcheggi, auto a salire e a scendere. Roberta, che è salita a Struppa, ha ancora un lungo tragitto da fare per raggiungere gli Erzelli, dove lavora. “Purtroppo ho perso il treno, ora dovrò prendere quello delle 8.26, arrivo quando arrivo – sospira – tutti i giorni è così”. Intanto dietro ci ha raggiunto il 13, a mo’ di trenino: è l’effetto dell’ingorgo che vanifica la cadenza degli orari e manda in tilt le frequenze. Davanti alla metropolitana il 14 scarica gran parte dell’utenza, gli altri scendono al capolinea in viale Thaon di Revel. Sono le 8.13, esattamente 56 minuti. Quasi un’ora per poco più di 10 chilometri, in pratica come farsela di corsa. Le conclusioni al presidente del municipio Roberto D’Avolio: “La Valbisagno ha bisogno di progetti seri e concreti, e soprattutto vanno presentati il prima possibile per ottenere i fondi. Il filobus, senza un asse protetto, non può garantire velocità ed efficienza. Serve qualcosa di più, e lo stiamo aspettando da anni. Anche perché non sarà un percorso breve: ciò che viene progettato ora lo vedremo tra molto tempo”.

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