Genova. A percorrerlo con la macchina ci si mette un attimo, pochi secondi, code permettendo, senza accorgersi che quei 420 metri di asfalto corrono a quasi centro metri d’altezza, sopra una delle più impervie e aspre vallate del genovesato.
E’ il viadotto Nervi, uno dei giganti di calcestruzzo della A12, che salta la breve e aguzza valle dell’omonimo torrente: in servizio dal 1966, quando fu aperta al traffico la tratta Nervi – Recco, è il fratello minore del viadotto Sori, e predecessore, seppur di un solo anno dei viadotti Bisagno e Veilino.
Ed proprio da questo dato che siamo partiti: questi quattro viadotti sono stati costruiti con la medesima tecnica, il sistema Dywidag, detto anche ad avanzamento bilanciato: in situazioni particolarmente difficili, per l’epoca, dal punto di vista logistico, si partiva costruendo la pila, per poi procedere con l’impalcato “a sbalzo autoportante”, in entrambe le direzioni contemporaneamente. Una sorta di grande T, per la quale i giunti della sede viaria non poggiano direttamente sui piloni, ma sono “sospesi”. Una vera e propria avanguardia di quei tempi.

Il Sori e il Nervi sono praticamente identici: alti un centinaio di metri, hanno le tre pile maggiori larghe 6 metri e profonde 14,55 Ognuna di esse ha due sbalzi di 35 m, uno per lato; i due sbalzi adiacenti sono collegati da una trave prefabbricata lunga 30 metri. Prefabbricate sono anche le travi delle campate di accesso. L’impalcato, unico per entrambe le carreggiate, è largo 19,10 metri. Differiscono solamente per il fatto che il Nervi ha una campata d’accesso in meno.
Di questi quattro viadotti, ad oggi, solo il Nervi non è finito nelle carte della procura per quanto riguarda la sua manutenzione e il suo stato di conservazione: per il Bisagno e il Veilino sono stati disposti accertamenti ulteriori dopo quanto emerso dall’inchiesta sui falsi report, mentre il Sori è stato oggetto di un blitz di ispezione della Guardia di Finanza nei giorni scorsi.
Per questo motivo ci siamo chiesti quale poteva essere lo stato di salute dell’ultimo dei “quattro fratelli”. Siamo andati ancora una volta “sotto” ed ecco quello che abbiamo visto. In fondo all’articolo trovate anche la spiegazione di Autostrade, arrivata qualche ora dopo la pubblicazione del reportage.

Le pile presentano diversi punti di ammaloramento alla vista superficiale, con diversi metri di tondini di ferro dell’armatura del calcestruzzo scoperti e ossidati. Uno spettacolo abbastanza consueto, purtroppo, per quanto riguarda le nostre autostrade, basti pensare a quanto documentato per il Gargassa, oggi in via di manutenzione.
Non stupiscono neanche i tanti segni di infiltrazioni e colature delle acque piovane, che colorano in più punti il grigio del cemento. Quello che invece non avevamo mai visto sono i buchi nell’impalcato: gli sbalzi delle pile, infatti, sembrano essere ammalorati pesantemente in più punti, con delle aperture nel cemento, alcune coperte e tamponate con reti, altre no.
La parte interessata a questi buchi è l’impalcato inferiore, quindi non direttamente collegato con la sede stradale, ma nelle travi di collegamento, vicino ai giunti si possono notare diversi punti all’apparenza fortemente scrostati e in balia probabilmente del tempo e delle infiltrazioni.

Nel recente report pubblicato da Autostrade per l’Italia, il viadotto Nervi è classificato con il punteggio di 43, che significa che è stata valutata una situazione che richiede interventi da eseguire a medio e lungo termine. Stesso punteggio di Bisagno e Veilino, ma più alto, cioè più ‘grave’ del Sori, che ha preso un 40. E’ utile ricordare che, stando a quanto emerso dall’inchiesta, ancora in corso, sul crollo del Morandi, il viadotto sul Polcevera fu classificato con un 50.
Ora, è evidente che la nostra analisi è superficiale e non permette di dire nulla sulla effettiva tenuta statica dell’opera, e questa non è la pretesa del nostro lavoro, certamente però possiamo dire, come abbiamo fatto in altri contesti, che non è questo quello che vorremmo vedere sopra le nostre teste dopo tutto quello che è successo e il tempo che è passato. Senza dimenticare che queste meraviglie della ingegneria che fu, sono parte di un patrimonio di beni comuni che andrebbe preservato e tutelato, o per lo meno gestito con lungimiranza. Invece cade a pezzi.
Riceviamo e pubblichiamo una nota della direzione del Tronco di Genova di Autostrade per l’Italia.
“Le immagini del Viadotto Nervi pubblicate sul vostro sito riguardano alcune porzioni di copriferro dove i nostri tecnici sono già intervenuti con operazioni di “disgaggio”, e cioè di rimozione controllata del calcestruzzo di superficie, al fine di prevenirne eventuali distacchi. Ciò rappresenta chiaramente che sul viadotto è in corso un’attività di manutenzione. Per quanto riguarda i fori, va precisato che essi non sono imputabili al degrado della struttura, ma vanno invece ricondotti alle fasi costruttive dell’opera”.
“Il viadotto Nervi è già stato oggetto, lo scorso settembre, di una ispezione approfondita da parte di una primaria società di ingegneria esterna – continua la direzione di Tronco di Genova di Autostrade per l’Italia – tale controllo ha interessato anche le superfici interne dei cassoni e delle pile cave, mediante l’impiego di droni. L’esito dell’attività ispettiva non ha evidenziato alcuna problematica di natura statica, ma esclusivamente difetti superficiali, che richiedono un intervento di manutenzione ordinaria che sarà avviato entro il 2021. E’ inoltre programmato un ulteriore approfondimento ispettivo mediante l’ingresso fisico di personale specializzato (rocciatori) all’interno delle parti di struttura cave, al fine di condurre anche delle analisi di dettaglio sui materiali costituenti”.
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