Genova. L’incubo per la famiglia Raqeeb è iniziato nel febbraio scorso. “Mia figlia era una “sweet happy puppy“, una dolce cucciola felice, poi c’è stato l’aneurisma, da allora tutto è precipitato, i medici inglesi continuavano a ripetere che non sarebbe arrivata al giorno successivo – racconta Shelina Begum, 39 anni, madre della piccola Tafida – al Gaslini credono in Tafida, “they believe in my daughter“, credono che abbia una possibilità, questa è stata la principale differenza tra la sanità inglese e quello che abbiamo trovato qui”.
Ieri sera su un jet ambulanza a bordo del quale era già presente una piccola equipe medica dell’ospedale pediatrico genovese, la paziente della quale tutti oggi parlano è arrivata con qualche ora di ritardo, ma il trasferimento si è svolto alla perfezione. “Stamani Tafida era sveglia e stabile quando sono andata a trovarla” racconta la madre, che insieme al marito Mohammed Raqeeb ha incontrato la stampa italiana e internazionale.
Le condizioni cliniche. La bambina si trova in uno stato di minima coscienza dopo l’aneurisma occorso a inizio 2019, con danni cerebrali difficilmente recuperabili, non vede, non sente, non possiede tatto, e le possibilità che sopravviva sono effettivamente molto limitate, ma al Gaslini metteranno in atto un percorso di ricovero, cura e assistenza per “dare valore e dignità al tempo“, ha detto il direttore dell’ospedale Paolo Petralia. Tutto questo è stato possibile grazie alla vittoria in una difficile battaglia legale.
Il percorso di cura. Da settimane il team del Gaslini ragiona giorno e notte, in corsia e su un gruppo whatsapp “rovente” di cosa fare per aiutare la paziente e quindi i suoi familiari. Luca Ramenghi, primario di neonatologia, è stato scelto per coordinare il gruppo di lavoro multidisciplinare. Andrea Moscatelli, direttore della terapia intensiva, si è occupato già del trasporto e ha spiegato passo per passo cosa succederà a Tafida. “Al momento il nostro compito è quello di supportare funzioni vitali della bambina con l’obbiettivo di poter poi attuare la ventilazione e l’alimentazione indotta direttamente a casa – dice il medico – per questo effettueremo innanzitutto una tracheotomia e una gastrostomia, in modo da rendere più semplice tutto questo. Quando sarà possibile un livello di cura meno intensivo inizierà un ulteriore percorso in alleanza terapeutica con la famiglia”.
Moscatelli ha sottolineato come le cure a Tafida siano state ottime in Inghilterra, nonostante la diversità di vedute del sistema sanitario e del sistema giuridico che avrebbe voluto disporre l’eutanasia per la piccola. “Non credo che i mesi di attesa per trasferirla qui abbiano influito negativamente”, ha aggiunto.
I genitori di Tafida, seguiti in Italia da Giuristi per la vita, e supportati economicamente da un’associazione “prolife”, stanno cercando di ottenere la “cittadinanza italiana per scopi sanitari”. Una pratica che finora non è stata presa in carico né dal precedente né dall’attuale governo. Di fatto, la cittadinanza italiana consentirebbe alla famiglia – Shelina è avvocato, Mohammed è imprenditore edile – di avere accesso gratuito alle cure. La questione economica è un qualcosa di cui la madre di Tafida ha preferito non parlare.

Il direttore del Gaslini Paolo Petralia sa che salvare la vita di Tafida sarà un’impresa molto complicata, se non impossibile, ma conta sulla professionalità dei medici, degli infermieri e degli operatori dell’ospedale. E sul grande supporto già dimostrato dalla città. “Ieri una poliziotta si è avvicinata e mi ha consegnato una rosa da regalare alla madre di Tafida, aveva le lacrime agli occhi, ecco l’umanità è un quid che conta molto in questi casi”.