Storia infinita

Incubo viabilità a Genova, ora anche il nodo di San Benigno rischia lo stop

Dopo il fallimento della Carena Costruzioni Autostrade punta sull'affidamento diretto alla Pavimental, ma serve un avallo del Mit. A rischio 50 lavoratori

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Genova. Sono fermi da inizio settembre, e al momento nessuno sa quando riprenderanno, i lavori del nodo di San Benigno, opera indispensabile per alleggerire il traffico nel punto più nevralgico della città, quello tra il casello autostradale di Genova Ovest, il porto e la ‘gronda a mare’ di via Guido Rossa e lungomare Canepa. La nuova spada di Damocle è il recente (e clamoroso) fallimento della storica ditta Carena Costruzioni che aveva ricevuto in appalto da Autostrade il secondo lotto del cantiere. E che, invece, non potrà mai portarlo a termine.

Una storia infinita, quella del nodo di San Benigno, iniziata con un progetto redatto nel lontano 2001. La data di fine lavori, fissata nel 2021 contando già tutti i ritardi accumulati, era stata ulteriormente spostata all’estate 2022. Colpa di due varianti chieste dal Comune di Genova che avevano spostato sia la scadenza sia il costo dei lavori, lievitato del 30%: la conservazione della rampa da via Cantore alla Sopraelevata, che costringe a intervenire su un cavalcavia in via di Francia per adeguarlo al transito dei mezzi pesanti, e un nuovo svincolo a forma di S per evitare che i tir provenienti dalla A7 e diretti in porto intralcino il traffico cittadino.

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Ora il futuro dell’opera è appeso a una risposta del ministero dei trasporti. Dopo il fallimento della Carena, infatti, Autostrade potrà affidare direttamente i lavori a un’altra impresa, senza nuove procedure di gara. L’ipotesi più concreta è che venga scelta Pavimental, società del gruppo Atlantia – e quindi Benetton – che si occupa di manutenzioni e che ha già realizzato il primo lotto del nodo. Tutto potrebbe sbloccarsi in tempi rapidissimi, ma prima è necessario un avallo tecnico del Mit.

Le istituzioni sono già andate in pressing: la scorsa settimana da Genova sono partite tre lettere, una da parte dell’Autorità portuale e due da palazzo Tursi, per ricordare che uno stop al cantiere avrebbe conseguenze disastrose. Poi si è aggiunto il sollecito di Autostrade che – trapela dagli uffici del primo tronco – non può fare nulla senza il via libera da Roma, ma non avrebbe alcuna intenzione di bloccare il progetto, tanto che sta comunque portando avanti una serie di autorizzazioni a livello locale.

Appesi a un filo ci sono anche i 50 lavoratori della Carena, fermi ormai da un mese e mezzo. Tutti hanno firmato un documento con cui si mettono a disposizione dell’azienda per eventuali trasferimenti, in attesa del via libera alla cassa integrazione straordinaria. Il 23 ottobre ci sarà un incontro tra i sindacati e i curatori fallimentari. L’obiettivo è applicare la clausola sociale perché l’impresa subentrante – oppure la stessa società Autostrade – possa assorbirli e ripartire subito coi lavori.

La palla, insomma, è in mano alla ministra Paola De Micheli che sul tavolo ha ormai una pila di dossier che riguardano Genova. L’affidamento a Pavimental non dovrebbe creare problemi a livello politico: in questi casi prevalgono spesso le logiche di buon senso amministrativo. E in caso di revoca della concessione ad Aspi? Allora tutti gli obblighi passerebbero al nuovo soggetto, che dovrebbe farsi carico dell’ennesimo cantiere-lumaca nel capoluogo ligure.

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