Genova. Si apre la settimana nella quale si gioca gran parte del futuro di Carige. Al Tower Genova Airport, venerdì 20 settembre a partire dalle 10e30 i principali azionisti e i soci retail decideranno se dare il via libera, rimandarlo ad altra data oppure bocciare il piano di rafforzamento da 900 milioni di euro, 700 di aumento di capitale e 200 frutto dell’emissione di bond subordinati.
Sono moltissime le richieste di partecipazione all’appuntamento, a 10 giorni dall’assemblea avevano superato quota 10 mila (molte saranno deleghe), motivo per cui sembra essere più remoto il pericolo del mancato quorum del 20%. I piccoli soci valgono il 40% del capitale ed è su di loro che i sindacati di settore, negli ultimi giorni, hanno fatto opera di persuasione. Gli stessi commissari, Fabio Innocenzi, Raffaele Lener e Pietro Modiano sanno che se non si superasse il limite minimo di partecipazione gli scenari sarebbero di nebbia totale perché, senza rafforzamento, la banca avrebbe bisogno di misure straordinarie, dalla liquidazione coatta amministrativa alla ricapitalizzazione precauzionale.
Per incentivare i piccoli soci è prevista anche l’assegnazione di 10 milioni in azioni gratuite a quelli che prenderanno parte fisicamente o per delega all’assemblea, indipendentemente dal loro voto.
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E’ noto come i riflettori siano puntati principalmente su Malacalza Investimenti, oggi primo socio con il 27,6% del capitale. La sua presenza o assenza, il suo sì oppure il suo no (o l’astensione, che vale come un no) al piano di rafforzamento pesano moltissimo. Perché il piano di rafforzamento abbia il via libera servirà il voto positivo dei due terzi del capitale presente in assemblea. Se Malacalza votasse no o si astenesse, in sostanza, sarebbe necessario che quasi la totalità del resto dell’assemblea votasse a favore.
Nel caso l’aumento da 700 milioni sia approvato, e con esso il piano di rafforzamento complessivo, la ricapitalizzazione scatterebbe all’inizio del 2020. A quel punto i grandi soci di oggi, compreso Malacalza, diventerebbero soci molto più piccoli. Malacalza nella fattispecie passerebbe da avere il 27,6% al 2% delle azioni, o al 5% partecipanto all’aumento con 23 milioni. Il Fondo interbancario e lo Schema Volontario invece controllerebbero l’80,7% di Carige. La quota del partner industriale Ccb, con 63 milioni avrebbe l’8,1% ma con la prospettiva di comprare la quota di Fondo e Schema.