Genova. In Liguria è stato sequestrato il 10,51% di tutta la cocaina sequestrata a livello nazionale, il 28,35% dell’eroina, l’1,63% di hashish e l’1,08 di marijuana, lo 0,23% di cannabis. Nell’area metropolitana di Genova è stato sequestrato il 77,02% di tutte le sostanze sequestrate a livello regionale, il 19,69% a Imperia, il 2,27% a La Spezia e l’1,03 a Savona.
Sono alcuni dei dati emersi durante la conferenza regionale delle autorità di pubblica sicurezza, con un focus sul sistema portuale ligure e la prevenzione e il contrasto delle attività illecite.
Nel 2019, in particolare, Guardia di Finanza e Direzione Distrettuale Antimafia e Antiterrorismo della Procura della Repubblica di Genova, con il supporto dell’Agenzia delle Dogane e Monopoli, hanno effettuato tre operazioni con il relativo sequestro di ulteriori ingenti quantitativi di sostanze stupefacenti. Le stesse operazioni hanno fatto emergere il collegamento con la criminalità organizzata di stampo ‘ndranghetista, e portato all’arresto in flagranza di Antonio Alvaro esponente di rilievo dell’omonima cosca di Sinopoli, fratello di Vincenzo, arrestato anch’egli per traffico di stupefacenti nel 2015 nel porto di Genova nell’ambito dell’operazione “Docks”.
Il Questore di Genova ha sottolineato l’intensa attività svolta nella repressione dei traffici illeciti, in particolare richiamando i sequestri di eroina proveniente dall’Afghanistan in occasione dell’operazione “Artabax” condotta dalla Polizia di Stato di Genova e dalla Dcsa., nonché l’attività di contrasto all’immigrazione clandestina e i provvedimenti di respingimento effettuati nei confronti di immigrati irregolari rintracciati durante le attività di sorveglianza delle frontiere (85 respingimenti nel 2017; 53 nel 2018, 50 nel corrente anno).
Sotto il profilo della prevenzione, la prefettura di Genova ha richiamato i recenti provvedimenti interdittivi antimafia a carico di una società di trasporti collegata alla ‘ndrina riconducibile alle famiglie Molé-Piromalli, già interdetta dalla Prefettura di Reggio Calabria che aveva trasferito a Genova la sede ed il centro dei propri affari, attinenti anche all’area portuale.
Particolare attenzione è stata dedicata al traffico internazionale di rifiuti.
Nel porto di Genova, nel 2018, sono state movimentate in totale 53.568.336 tonnellate di merci, tra cui merci pericolose quali i prodotti chimici (490.519 tonnellate) e gli idrocarburi (15.048.393 tonnellate) nonché 34.241.957 tonnellate di merci non classificate.
I rifiuti illeciti vengono spesso celati all’interno di container, nascosti fra masserizie e capi di abbigliamento o all’interno di vecchi elettrodomestici e di veicoli dismessi, e destinati soprattutto a Paesi dell’Africa quali Nigeria, Ghana, Senegal, Benin, Egitto, Camerun, Burkina Faso, Tunisia, Togo o all’Oriente e in particolare a Repubblica popolare cinese e India.
I rifiuti rinvenuti con maggiore frequenza sono cascami di plastica, cascami di gomma, parti di auto/moto/camion, batterie e compressori per autoveicoli, bombole a gas, Raee, pneumatici fuori uso, indumenti.
Tra il 2014 e il 2015 nel porto di Genova sono stati sequestrati circa 6000 kg di rifiuti illeciti e circa kg 10.000 nel 2016. Gli uffici doganali, a partire dal 2017 hanno riscontrato una crescita allarmante dei traffici in questione; infatti, in tale anno sono stati sequestrati kg 1.197.611 di rifiuti, kg 605.350 nel 2018, kg 158.450 nel 1° semestre 2019.
Nel dicembre 2018 il Nucleo Operativo Ecologico dei Carabinieri di Genova ha effettuato il controllo di circa 160 società (di cui 43 nell’area metropolitana genovese), 45mila euro di multa e sequestri per un valore di circa 3,5 milioni di euro.
Sul fronte del commercio di merce contraffatta, è stato evidenziato che il porto di Genova rappresenta un rilevante hub per l’introduzione e il transito di tali prodotti.
Le evidenze investigative e le operazioni di contrasto effettuate negli scorsi anni hanno messi in risalto l’importanza della città metropolitana ligure come centro di rifinitura e confezionamento delle merce false; la merce contraffatta o da contraffare proviene in gran parte dalla Cina e dall’India, mentre le etichette giungono dal Marocco e dalla Tunisia. Nel tentativo di far perdere le tracce della propria rotta, i contraffattori caricano e scaricano le proprie merci nei porti di paesi a basso rischio in modo da eludere i controlli più stringenti in atto al momento dell’arrivo a Genova, dove la verifica dei documenti doganali viene effettuata in base all’ultimo paese di transito.
Il procuratore aggiunto, Francesco Pinto, ha evidenziato due linee di tendenza che confermano la necessità di mantenere alta l’attenzione sul settore portuale: da un lato il traffico di sostanze stupefacenti, che sembra in costante crescita nonostante gli sforzi messi in atto per contrastare il fenomeno; per altro verso, così come ribadito anche dalla Dia, i grandi investimenti infrastrutturali previsti nei prossimi anni, specie nell’area portuale di Genova, che porteranno un afflusso di risorse finanziarie sicuramente attrattive per le consorterie criminali soprattutto di matrice mafiosa o similare.
A conclusione dell’incontro, si è dato atto della proficua collaborazione interistituzionale nello svolgimento dei controlli in ambito portuale.
Per contrastare in maniera più efficace le attività illecite è emersa comunque la necessità di individuare strategie condivise di ampio raggio con il coinvolgimento di tutte le forze di polizia e le istituzioni a vario titolo interessate: interconnessione dei sistemi operativi, affinamento e standardizzare delle modalità dei controlli in atto attraverso equipaggi misti ed analisi dei rischi condivise da tutte le forze in campo, allo scopo di fare emergere in modo più incisivo le attività illecite annidate nella filiera delle procedure portuali.
Si è ritenuto, inoltre, indispensabile incrementare l’utilizzo dei sistemi di scannerizzazione nonché di potenziare la videosorveglianza delle aree portuali attraverso circuiti integrati e l’implementazione di dispositivi per la lettura delle targhe dei veicoli consentendo tra l’altro la creazione di “black list” di veicoli sospetti che possono essere così ulteriormente attenzionati.
È stato, inoltre, posto l’accento sull’opportunità di promuovere la sottoscrizione di protocolli di legalità finalizzati al contrasto delle infiltrazioni da parte di organizzazioni criminali di stampo mafioso o similare, nella condivisa consapevolezza dell’importanza di accrescere l’attività di prevenzione e rafforzamento delle condizioni di legalità pur nel rispetto della specificità del porto.