Genova. Gronda sì, gronda no, gronda quale? Il dibattito riacceso in queste ore dalla pubblicazione della nuova analisi costi-benefici del Mit sul progetto della Gronda si è infiammato e consolidato nei due classici schieramenti, quello del sì e quello del no, con l’aggiunta della zavorra politica dell’attuale crisi di governo e delle prossime elezioni regionali.
Nei fatti, però, a volere uscire “dalle gradinate” del tifo, quello proposto dal ministero non è un no, ma una sì per provare a dare risposta del problema del traffico con interventi infrastrutturali ridotti, aggiornati sulla situazione attuale post-Morandi, e con un minore impatto di opere di scavo.
In pratica la Gronda la vogliono fare tutti, cambiano le modalità. Il progetto considerato più vantaggioso, cioè con un punteggio più alto nell’analisi costi-benefici è quello che prevede il raddoppio del tratto di A7, come previsto da Spea, la società che ha progettato la Gronda per Autostrade per l’Italia, accompagnato dalla terza corsia dal nuovo viadotto sul Polcevera, che a questo punto non avrà più vincoli di carico, come lo era il Morandi nel progetto di Autostrade, fino allo svincolo di Cornigliano, e una bretella costruita in zona portuale che collegherebbe Multedo con la Guido Rossa.
Un progetto da circa 1,8 miliardi di euro, contro i 4,2 del progetto di Autostrade per l’Italia, che precisa di aver già fatto investimenti per oltre 1 miliardo, tra espropri, progettazioni e anticipi vari. Ma la differenza tra le due spese è tale che forse anche il rimborso potrebbe essere ammortizzato. Salvo sorprese.
Stando al progetto del Mit, quindi si costruisce, eccome, ma si punta ad evitare di scavare una cinquantina di chilometri di tunnel tra Rivarolo e Vesima, punto che è il cuore del progetto attuale della Gronda: una bretella per la cui realizzazione sarà eventualmente necessario costruire nel Polcevera, uno slurrydotto, cioè delle condutture che per tutta la durata dei cantieri (che sarebbero almeno 10) porterebbe lo smarino, certificato come ricco di rocce amiantifere, miscelato con acqua verso il porto.
Da qua il problema dei detriti, che fino a maggio 2018, quando fu presentato il progetto definitivo, scorso sembrava risolto con le necessità di allargamento della pista dell’aeroporto Cristoforo Colombo, ma che oggi potrebbe essere una grossa incognita, soprattutto se si guarda alla trafila che si sta facendo per le “briciole” del Morandi. Tanto che l’allargamento della pista aeroportuale è compatibile solo in caso di costruzione di una nuova diga, progetto ad oggi ironicamente “in alto mare”.
Insomma, milioni di metri cubi di rocce da trattare come rifiuti speciali che difficilmente troverebbero spazio, visto che anche le principali cave compatibili con il conferimenti di terre di scavo sono “prenotate” dal Terzo Valico, e che potrebbero essere un serio problema.
Una delle principali critiche al disegno del ministero sono i tempi: per i detrattori, infatti, la riprogettazione del tutto farebbe ritardare ulteriormente la realizzazione delle opere. Dal ministero rispondono che una parte è già progettata (il raddoppio della A7, la cosiddetta mini gronda) ed evitare i super tunnel farebbe risparmiare, oltre che denaro, tantissimo tempo.
Il dibattito, quindi, di queste ore non è Gronda sì vs Gronda no, come sembrerebbe leggendo esclusivamente i comunicati stampa che in queste ore arrivano numerosi dagli uffici stampa di partiti, politici e sindacati, ma in realtà “Mega tunnel Sì vs Mega Tunnel No”
E’ inoltre da ricordare come, durante il dibattito pubblico del 2009, oltre a non essere presente l’opzione zero, praticamente tutti i cittadini intervenuti per risolvere i problemi di traffico della città chiedevano un miglior trasporto pubblico locale, fatto di bus, treni, tram all’altezza dell’epoca che stiamo vivendo. Gronda sì, Gronda no… e poi?