Lettera al direttore

Che ne pensate?

Governo M5SPD, Genova Che Osa: “Chiedersi dove finisca la speranza e dove la rassegnazione”

palazzo chigi

Genova. Riceviamo e pubblichiamo la lettera di Genova Che Osa, movimento di sinistra nato a Genova dalla volontà di alcuni giovani militanti. A firmarla Stefano Gaggero, ex Pd, che si interroga – e chiede a chi legge di fare altrettanto – sul futuro del governo e del Paese.

Ciao Friend,

ti scrivo per scambiare delle opinioni rispetto alle ultime vicende sulla crisi di governo. Mantenere uno scambio di idee e confronto è sempre importante per noi.

Anche se agiamo nella nostra città, Genova non è una bolla nel vuoto: l’evoluzione e le possibili soluzioni della crisi politica nazionale hanno importanti conseguenze per tutti noi.

Naturalmente, il sollievo è la prima impressione che abbiamo condiviso tutti di fronte alla crisi. Il sollievo per la fine di un esecutivo che sembra durato un’eternità anche se ha compiuto un anno scarso. L’amministrazione Conte, coi vice Salvini e Di Maio, nel suo breve tempo ha compiuto danni irreparabili sul piano materiale e culturale. I decreti sicurezza e la campagna elettorale permanente del ministro dell’interno hanno trasformato il nostro paese. Abbiamo faticato tutti a riconoscerci nel dibattito pubblico, sui social, nelle espressioni di nostri concittadini che, guidati da una classe politica indegna, hanno dato sfogo ai sentimenti più feroci d’odio e mancanza di solidarietà.

Al sollievo presto è subentrata la preoccupazione. Benché indebolita, la Lega resta di gran lunga la prima forza politica del paese, il centrodestra la prima coalizione. L’allontanamento doveroso di Salvini dal Viminale potrebbe avere breve durata o non realizzarsi affatto.

Così, le speranze si sono dirette verso un governo PD-M5S. Dovremmo però chiederci dove finisca la speranza e dove, invece, la rassegnazione.

Il PD è l’unica grande forza politica nel campo della sinistra, anzi è l’unica. Però è strutturalmente incapace di presentare al paese un suo pensiero autonomo, una cultura politica egemone, un programma organico e di radicale innovazione. Per questo motivo non può consolidare una rappresentanza strutturale ed è tendenzialmente non competitivo alle elezioni. Per questa ragione eventuali elezioni anticipate potrebbero essere un disastro per il nostro campo politico. Per questo stesso motivo, tuttavia, il PD non sa essere opposizione—l’abbiamo visto in questi mesi—e non potrebbe lavorare bene al governo, soprattutto con un alleato complesso e nei fatti reazionario come il M5S.

In un passaggio famoso dei suoi Quaderni, in cui scrive della crisi («interregno» nel quale «il vecchio muore e il nuovo non può nascere»), Gramsci descrive come un elemento definitorio di questo passaggio di transizione sia la fine delle «ideologie tradizionali». È chiaro che in questa crisi, molto lunga, il sistema di pensiero tradizionale della sinistra, che ha mobilitato tanti militanti e generato tante politiche innovative sia venuto meno. Questo vuoto è stato riempito da «fenomeni morbosi», come avvertiva l’intellettuale comunista, la Lega è uno, il M5S è un altro. Dobbiamo riconoscere come entrambi questi movimenti, certo distinti tra loro, siano effetti diversi della crisi, che lavorano in una direzione reazionaria, cioè per darle una risoluzione negativa. Se la Lega aggredisce un sistema di valori etici scritti in costituzione, il M5S opera per demolire il senso stesso della politica.

In questo la sinistra organizzata avrebbe il compito di elaborare una nuova cultura, che, di nuovo secondo l’avvertimento di Gramsci, nella crisi è tanto possibile quanto necessaria. La sinistra organizzata italiana e continentale ha iniziato a dissiparsi ormai una generazione fa, sull’onda dei suoi più grandi risultati e all’ombra degli avanzamenti segnati con questa globalizzazione, e ancora non si è mossa da lì.

Nel dibattito sulla formazione del nuovo governo si sentono proporre sempre le medesime ricette e usare le solite parole d’ordine, spesso incoerenti con lo sforzo di costruire una nuova cultura. Invece sarebbe necessario operare per imporre nella discussione i nostri temi, lavorare per egemonizzare la discussione sui nostri contenuti. È necessario riconoscere che le montanti disuguaglianze sono un problema perché distruggono quel senso di un destino comune che fonda la democrazia e, di conseguenza, parlare di contrasto alle disuguaglianze e promozione di uguali opportunità per tutti. La povertà immateriale è una componente fondamentale del malessere, oggi. La crisi ambientale mina la giustizia sociale in senso trasversale e mette a rischio la nostra stessa convivenza sul pianeta. Sarebbe necessario imporre questi temi nella discussione, farlo in modo inequivoco e con proposte radicali, che impongano delle scelte di rotta, per aggredire le cause a monte della crisi e non limitarsi a intervenire per mitigarne gli effetti.

All’esito di questo vuoto di pensiero, ora si ragiona di un nuovo governo Conte, dove tanti e importanti ministri del PD sostituiranno quelli leghisti. Il massimo dell’umiliazione per la sinistra e dell’incomprensibilità dei giochi politici.

È difficile avere certezze in questo scenario, ma tutto ciò considerato tornare a votare sarebbe stata e sarebbe la soluzione migliore. Non per consegnare irresponsabilmente il paese alla destra, ma per impegnarsi a raccontare all’Italia un’idea diversa e alternativa, all’insegna di altra parole d’ordine: uguaglianza di opportunità al posto di competizione, solidarietà anziché sicurezza, sostenibilità invece di sfruttamento. Almeno per provarci.

È però vero che il PD, meglio questi dirigenti della sinistra non sono purtroppo adeguati a questo compito. È per questo, non perché Salvini sia imbattibile, che ogni soluzione al momento sembra destinata al naufragio. È per questo che le elezioni spaventano tutti noi, ma possiamo sperare che l’ennesima sopravvivenza al governo solo per prendere tempo possa servire?

Come rivelano i questionari che rivolgiamo a questa newsletter dopo ogni appuntamento elettorale, il PD va avanti per inerzia e per il voto della rassegnazione. Tra i 319 che hanno risposto all’ultimo questionario, quello sulle europee, quasi tre su cinque ci dicono di aver votato PD con una motivazione in negativo, per fermare i populisti o perché è il “meno peggio”. Gli elettori del PD, ma anche i pochi delle altre forze politiche, sono costantemente scoraggiati e sfiduciati.

L’unica certezza davvero granitica che abbiamo come Genova che osa riguarda l’importanza del lavoro per costruire una nuova cultura. È per questo che, nella nostra attività a Genova, ci siamo impegnati nella scrittura di un manifesto, per definire la nostra lettura del mondo, i nostri valori e la direzione verso cui vogliamo muoverci. Il manifesto orienterà la nostra azione politica: il pensiero, le proposte, l’organizzazione, i progetti, le attività.

Presto lo presenteremo pubblicamente. Nutriamo l’ambizione che possa ispirare l’impegno politico dei progressisti di Genova. Lo presentiamo perché abbiamo l’ambizione di contribuire alla nascita della nuova cultura politica di una nuova sinistra, una cultura che diventi egemone nel dibattito politico locale e nazionale. Siamo convinti che la nascita di un nuovo pensiero potrebbe rianimare le moribonde strutture della sinistra organizzata, oppure spazzarle via per aiutarci a costruirne di nuove. Non possiamo aspettare in eterno. Per questo abbiamo avviato il nostro cammino qui, in città.

Se hai voglia e tempo, fammi sapere come la pensi tu.

A presto, Stefano.

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