Genova. Tra gli effetti della crisi di governo, in attesa di capire se sarà possibile per il M5S e il centrosinistra costituire una nuova maggioranza o se invece ci si stia avvicinando all’ipotesi del voto, si conta anche la paralisi dell’attività dei ministeri. Per Genova, a oltre un anno dal crollo di ponte Morandi, le ripercussioni potrebbero essere molteplici ma tra i temi più spinosi c’è sicuramente quello della sorte dei detriti del viadotto.
Parliamo di 80 mila tonnellate dei monconi oltre le 15 mila dei palazzi demoliti. L’eventuale ok del ministero dell’Ambiente a parte del riutilizzo delle macerie per i riempimenti del ribaltamento a mare di Fincantieri non è qualcosa che possa essere concesso semplicemente dagli uffici romani ma è una decisione politica a tutti gli effetti, di fatto una deroga rispetto alle normative nazionali ed europee in materia.
Rispetto al cronoprogramma ottimale i lavori – quelli di demolizione – oggi registrano circa 2/3 settimane di ritardo, recuperabili grazie alla contemporaneità delle opere di costruzione. Tuttavia la montagna di detriti rischia di diventare un intralcio e il sindaco e commissario per la ricostruzione Marco Bucci ha più volte affermato che avrebbe aspettato al massimo la fine del mese di agosto per decidere se attuare il piano A o il piano B.
Il piano A prevede, appunto, il trasferimento di parte dei detriti a Sestri Ponente attraverso la linea ferroviaria. Questo, a detta del primo cittadino, eviterebbe il passaggio di circa 15 mila tir in un senso e 20 mila nell’altro, nelle prossime settimane, attraverso la viabilità ordinaria e in più faciliterebbe il progetto del ribaltamento di Fincantieri che dovrebbe partire entro fine anno.
Il piano B esclude l’utilizzo di rifiuti speciali pericolosi – come sono classificati i detriti del Morandi per la possibilità che in essi sia contenuto amianto – per opere subacquee (anche se i riempimenti di fatto non avvengono in mare ma all’interno di speciali cassoni).
In quel caso, la “second best option” sarebbe l’utilizzo di quello che in genovese si definisce “zetto” per alcune grandi opere, ad esempio il riempimento dell’area Sot alla foce del Polcevera. Bucci ha dichiarato che anche Autostrade è interessata a parte del materiale, per realizzare alcuni interventi. Oltre ad Aspi, altre aziende avrebbero fatto richiesta dei detriti. Certo, la soluzione c’è, ma è più complessa da mettere in atto. Tempi e costi, quindi, potrebbero aumentare. Il sindaco Bucci, oggi pomeriggio, uscendo dal coordinamento dei consiglieri della Città metropolitana, a cui è a capo, non è preoccupato: “Non temo intoppi in generale né sul fronte ponte Morandi né sul fronte del Pums, ma bisogna aspettare. Per quanto riguarda i detriti abbiamo comunque un piano B”.
Intanto c’è almeno qualche buona notizia. Si sta sbloccando progressivamente, sempre parlando di macerie, la partita dello spostamento di ciò che resta della pila 10 e che si trova all’altezza di via Fillak. La procura di Genova che indaga sul disastro sta dando il via libera, giorno dopo giorno, a nuove quantità di detriti mantenendo off limits solo quei pezzi di ponte che sono stati colorati prima dell’esplosione controllata del 28 giugno proprio per capire la dinamica della caduta. In questo modo i demolitori possono iniziare a stoccare parte delle macerie e liberare l’area sia per le opere di costruzione sia per l’apertura di via Walter Fillak che, al momento, è prevista entro l’inizio delle scuole ovvero lunedì 16 settembre.