Gli arresti

Il matrimonio sontuoso per la figlia Chiara e il “bonus” al genero: con i soldi di Qui!Group i Fogliani pagavano gli affari di famiglia

La società Azzurra chiamata nelle intercettazioni “il pozzo” o "la cassaforte". Almeno 8 milioni di euro trasferiti in Brasile

Manifestazione dipendenti Qui!Group

Genova. Un matrimonio lussuoso e sontuoso, a pochi mesi dal crac della Qui!Group. E’ quello celebrato dalla famiglia Fogliani per la figlia Chiara che nel giugno del 2018 sposa Andrea Parodi Ferretto (figlio di Luigi Ferretto, consigliere di amministrazione dell’azienda e arrestato questa mattina con Gregorio Fogliani e il consigliere Rodolfo Chiriaco).

Scrivono gli investigatori che il matrimonio, celebrato in un castello del Monferrato e costato 200 mila euro escluso il costo del banchetto e dell’abito da sposa, viene messo direttamente a bilancio della Qui!Group, dalle danze del Milano city Ballet alla presenza della cantante Cheryl Porter ai “rendering” 3d degli allestimenti da visionare in anticipo che la giovane sposa ha chiesto alla wedding planner.

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(Uno scatto delle sfarzose nozze, pubblicato sul sito matrimonio.com)

Non solo. Gregorio Fogliani, tre giorni prima del matrimonio, vale a dire il 6 giugno 2018, fa versare al genero 50 mila euro di presunto premio di produzione mentre migliaia di creditori restavano inutilmente in attesa dei soldi dovuti. Un bonus che, secondo i vari testimoni sentiti dalla gdf, non aveva alcun riscontro in presunti obiettivi professionali raggiunti.

Per non parlare dell’acquisto di una villa a Forte dei Marmi con un mutuo del valore di quasi 5 milioni di euro. Ancora, gli analisti finanziari della gdf contestano che ogni anno la famiglia spendeva circa 80 mila euro tra abiti e scarpe, tranne nel 2018 in cui a quella voce corrispondono spese per circa 60 mila euro.

Per gli investigatori, che hanno analizzato i bilanci della società dal 2013 al 2018, la situazione viene descritta come “dissesto irreversibile” e le distrazioni (80 milioni di euro quelle accertate sono continuate anche dopo il fallimento della Qui!Group e della Qui! Service.

In tutto questo la Azzurra srl, una delle aziende immobiliari dei Fogliani (proprietaria fra l’altro dei muri del Moody) viene definita dagli indagati come nelle intercettazioni come “il pozzo” e la “cassaforte” di famiglia, dove venivano fatti convogliare i soldi dei tickets e poi a loro volta spostati sui conti correnti della famiglia.

Per imbrogliare i creditori venivano sistematicamente falsificati i bilanci dell’azienda madre: in questo modo i creditori “vedendo l’immagine di una realtà apparentemente forte e addirittura in espansione pensavano erroneamente che sarebbero stati pagati tanto che per lungo tempo non vengono presentate querele né istanze al tribunale civile”.

Per gli inquirenti le figlie di Fogliani, Chiara e Serena (finite ai domiciliari insieme alla madre Luciana Calabria) sperperano il denaro di famiglia tanto che in una delle tante intercettazioni annotate tra ottobre e novembre dello scorso anno, la mamma Luciana Calabria di fatto le invita ad essere “più parsimoniose” per evitare di prosciugare del tutto il “pozzo di famiglia”.

Ancora le intercettazioni ambientali hanno provato come parte dei fondi “distratti” siano finiti in Brasile per finanziare le varie società collegate a Qui! Business in Sud America, dove fra l’altro Gregorio, poi convinto dell’impossibilità dell’operazione, suggerisce di cambiare il nome di alcune società e togliere ogni riferimento al gruppo “Qui!” perché nel frattempo c’è stato il fallimento e si sono aperte le inchieste.

Secondo gli stessi indagati intercettati da Genova al Brasile sarebbero arrivati circa 8 milioni di euro.

Le misure cautelari sono arrivate dopo accurate indagini condotte dagli investigatori del nucleo di polizia economica finanziaria della Gdf coordinati dal colonnello Maurizio Cintura su mandato del procuratore aggiunto Francesco Pinto e del sostituto procuratore Patrizia Petruzziello.

Le accuse sono molto gravi, dall’omessa contabilizzazione di somme per 179.534.471,33 all’esposizione in bilancio di utili fittizi che venivano poi distribuiti ai soci per complessivi 3.240.755,00 euro, dall’imputazione a bilancio di costi non inerenti e il dirottamento di somme a favore di altre società riconducibili alla stessa famiglia di imprenditori, per quasi 42 milioni all’acquisto di un immobile di pregio a Forte dei Marmi (LU) per euro 4.815.687,13.

I reati sono quelli di bancarotta fraudolenta, truffa aggravata per euro 6.000.000,00 nei confronti di un investitore americano, e di “truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche” per euro 1.126.472,86 che vede come vittima il Miur. Infine, nel novero delle accuse ci sono diversi episodi di “riciclaggio”, “autoriciclaggio” e “impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita.

Nelle prossime ore il gip Claudio Siclari fisserà gli interrogatori di garanzia. Per il giudice c’è pericolo di reiterazione del reato. Dalle carte è emerso fra l’altro che Gregorio Fogliani, già nei giorni successivi alla dichiarazione di fallimento voleva rientrare nella disponibilità della società e di quelle collegate grazie a prestanome. 

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