Genova. Si consolida il dato negativo del porto di Genova per i primi mesi di questo 2019 per quanto riguarda i flussi di import ed export: secondo le stime di Spediporto, l’associazione degli spedizionieri, anche aprile e maggio hanno confermato una contrazione media che si aggira al 20%.
Colpa del Morandi? Senza dubbio, ma non solo: “Sicuramente dopo il crollo del ponte per molte compagnie c’è stata la volontà di riparare in altri porti per tutelare i propri commerci – spiega Giampaolo Botta, direttore generale di Spediporto – ma centrano anche le recenti tensioni internazionali che stanno colpendo anche altri grandi porti del mondo, come Hong Kong”.
Una congiuntura particolarmente negativa che rischia di colpire il porto genovese più di altri: “Genova è al centro degli interessi dei grandi gruppi internazionali, purtroppo però non riusciamo ad essere efficaci – spiega Botta – a tenere il passo. Sicuramente perché penalizzato dal Morandi, ma non solo: abbiamo anche limitata capacità di offrire servizi con tempi e costi adeguati e rispetto a le richieste del mercato”.
Il riferimento è all’apparato amministrativo, che in confronto a quello di altri porti competitor appare lento e dispendioso: “Si verificano disservizi e carenza di personale per le dogane e Usmaf (ufficio di sanità marittima area di frontiera) che, per esempio, tra blocco delle assunzioni e pensionamenti derivati da quota cento, oggi ha solo due medici per un volume di certificazioni richieste che sfiora le 50 mila unità all’anno”.
Per questo motivo risolvere il nodo Morandi e tutta la macro questione delle infrastrutture potrebbe non bastare: “E’ dura, dobbiamo renderci conto che ci sono grandi opportunità – conclude Botta – ma dobbiamo fare in fretta a crescere nella mentalità della pubblica amministrazione, soprattutto nei comparto di controllo”.