Genova. Quasi trecento persone, tra attivisti e cittadini, hanno partecipato ieri sera alla “Parata di San Giovanni della Città di Sotto”, organizzata nelle vie del centro storico dagli antagonisti di Aut Aut, Buridda e diverse realtà associative genovesi.
Tanti i messaggi lanciati durante la manifestazione, il cui corteo si è concluso nello spazio antistante alla Commenda di Prè, dove è stato poi acceso il tradizionale falò di San Giovanni, che ha bruciato, oltre alle negatività di ognuno scritte nei classici biglietti, anche quelle “della città”, iconizzate in altrettanti tarocchi: i muri, la paura, le frontiere, il turismo depredatorio, la precarietà, il sessismo e il razzismo.
Durante il percorso gli attivisti si sono fermato in piazza Banchi, dove è stato affisso uno striscione con scritto “Meno vetrine, più panchine”, esattamente sopra il dissuasore di seduta installato presso la loggia l’anno scorso, “pensato per spostare il degrado dagli occhi del turista”.
“Abbiamo attraversato il Centro Storico parlando di una città diversa, con meno vetrine, più panchine e fontanelle, una città con meno muri e divise, dove le strade siano luogo d’incontro e condivisione, una città in cui a paura e precarietà si risponde con la lotta e il mutualismo – si legge nella nota stampa diffusa in mattinata – Abbiamo bruciato le nostre paure nel falò di San Giovanni con l’augurio che sia l’inizio di un anno di gioia e sovversione”.
Lungo il percorso sono stati anche attaccati alcuni manifesti che ricordano la data del 14 agosto 2018, a pochi giorni dall’abbattimento di quello che rimane di Ponte Morandi: nel manifesto compaiono due immagini, la prima il desolante e terrificante spettacolo della prima sera dopo il crollo, con ancora un incerto numero di morti e feriti sotto le macerie, mentre la seconda ritrae il vice-premier Salvini che negli stessi instanti era felice ad una festa post elettorale in Sicilia. “Ricordi dov’eri quella sera? – recita la didascalia – Lui era qui”.