Spiegato bene

Esplosione ponte Morandi, le due pile giù una contro l’altra in 6 secondi. “Non sarà un terremoto”

Uno dei tecnici dell'Ati dei demolitori racconta cosa accadrà e come si mitigheranno polveri e vibrazioni

Genova. Sono 6 i secondi che le pile 10 e 11 del ponte Morandi di Genova, 20 mila metri cubi di calcestruzzo e acciaio, impiegheranno per crollare a causa dell’esplosione di oltre una tonnellata di dinamite.

Non si tratterà di un collasso della struttura su se stessa: le due pile si piegheranno una verso l’altra, in maniera controllata grazie alla sequenza ravvicinata di deflagrazioni, e poi cadranno a terra in grossi pezzi.

Lo ha spiegato Alberto Iacomussi, ingegnere di Ipe Progetti, una delle aziende dell’ati dei demolitori del viadotto Polcevera durante la conferenza stampa in vista del “d-day” di venerdì 28 giugno.

cinematismo atteso demolizione pile 10 e 11 ponte morandi

L’ingegnere ha chiarito che le “vibrazioni determinate dal crollo non saranno simili a un terremoto, come alcuni immaginano, ma avranno una durata brevissima e saranno limitate, almeno quelle che potrebbero provocare danni, all’area della zona rossa intorno al ponte, più ridotta rispetto al raggio di evacuazione”.

Inoltre i modelli dei tecnici escludono che le vibrazioni del ponte possano intaccare una vecchia frana segnalata da alcune carte sulla collina a est del moncone, in corrispondenza dell’autostrada A7.

Iacomussi ha illustrato le varie misure di mitigazione che saranno adottate per limitare la diffusione delle polveri e la propagazione di vibrazioni.

Oltre all’acqua nelle vasche sull’impalcato (“la più innovativa delle tecniche”, dice) quella gettata da 12 cannoni irrigatori, quella presente nelle trincee sotto il ponte, che sarà minata per far alzare una barriera liquida e quella delle migliaia di sacche posizionate in prossimità dei fori con la dinamite, ci saranno sacchi di sabbia per limitare l’onda d’urto verso la vicina autostrada, cumuli di terra ricoperti di tessuto non tessuto per attutire la caduta dei monconi e altre barriere protettive attorno al cantiere.

Anche l’impiego del reggimento Moschin dell’Esercito, che agirà con un esplosivo speciale sull’acciaio degli stralli – i primi a cadere – servirà per rendere più semplice la mitigazione delle polveri di quella parte di viadotto che era stata sottoposta all’intervento di retrofitting, il rafforzamento delle “braccia” del Morandi.

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